da Avivim (confine Israele-Libano)
Bint Jbeil, la capitale del partito di Dio, è lì, quattro chilometri a nord di questa frontiera, oltre la coltre di fumo nero, all’epicentro di quell’inferno di bombe e distruzione.
A Khyam, non lontano dal confine, i caccia israeliani seminano bombe e colpiscono per errore una postazione Onu: quattro osservatori Unifil restano uccisi. «Non ci sono italiani coinvolti», dice il comandante della missione, il colonnello Salvatore Scalisi. Nella base sono rimasti sepolti un austriaco, un canadese, un finlandese e un cinese. Il segretario dell’Onu Kofi Annan e furioso con Israele epalra di attacco «deliberato».
A sud altre colonne nerastre circondano le città israeliane colpite da una nuova tempesta di missili e katyusha. Una tempesta che uccide e ferisce. Nel villaggio arabo di Maghar un missile centra in pieno l’abitazione della famiglia Abbas. Sotto quelle macerie le squadre di soccorso raccolgono il corpo straziato della quindicenne Daa. Haifa come sempre non viene risparmiata. La prima raffica d’ordigni la raggiunge verso mezzogiorno, s'abbatte su centro e periferia. E in quel nuovo, quotidiano inferno muore un anziano stroncato da un infarto mentre cerca di raggiungere il rifugio.
Sul confine intanto le truppe israeliane continuano a combattere. «L’altra notte ci siamo arrivati vicini, stanotte i miei compagni finiranno il lavoro». Il sergente Leonid Yanovic, reduce da una notte di combattimenti al comando del suo blindato, ha le stesse certezze del generale Yftach Ron Tal. Per l’alto ufficiale la caduta di Bint Jbeil è solo questione di ore: una sensazione che verrà di lì a poco confermata dai fatti. «Hezbollah non si aspettava di vedere le nostre truppe a Bint Jbeil, non lo immaginavano neppure nei loro peggiori incubi - dichiara il generale con orgoglio -. Per loro quel villaggio era un simbolo, una capitale». Dall’altra parte il Partito di Dio prepara una nuova strategia. Nei dintorni della cittadina ci sono ancora duecento o trecento guerriglieri. Possono resistere e sacrificarsi, oppure cercare di ritirarsi sfruttando la conoscenza del terreno. Secondo fonti dell’intelligence israeliana la guerriglia sciita ha ordinato il ritiro dai villaggi abbandonati dai civili e si prepara a lasciar entrar in profondità le truppe di Tsahal. Subito dopo riprenderà lo stillicidio di imboscate che minò il morale delle truppe israeliane prima del 2000.
Secondo l'esercito israeliano almeno venti guerriglieri sarebbero stati uccisi nei combattimenti susseguitisi intorno a Bint Jbeil da domenica sera. Stando ad un altro bilancio israeliano l’insieme dei raid aerei e degli assalti terrestri lanciati in questi tredici giorni di guerra avrebbe portato all'eliminazione di almeno 150 miliziani sciiti. Parecchi altri sarebbero stati catturati e già trasferiti in Israele per venir utilizzati nell’ambito di futuri scambi di ostaggi.
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