da Milano
Parla di «analfabetismo fiscale», di «dati inventati», di «disinformazione in stile sovietico». Gli studi di settore di Visco, dice il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, sarebbero frutto di un errore logico, un artificio escogitato dal viceministro per confermare il suo personale pregiudizio sullattitudine allevasione dei commercianti. «Visco applica questi nuovi parametri non validati dalle associazioni di categoria alle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2006 - dice Bortolussi - per dimostrare che oltre la metà dei contribuenti non è in regola. La verità è che sono i suoi indicatori che deformano la realtà in maniera arbitraria».
Un esempio è fornito dal confronto tra le nuove proiezioni del ministero sui redditi «congrui» e i dati dellAgenzia delle entrate sulle dichiarazioni dei redditi del 2005. Nel primo caso la percentuale di autonomi «in regola» sarebbe del 39,4%, nel secondo caso invece la percentuale - costruita da dati reali - è stata dell82,34%, cioè più del doppio. «Questo è il numero reale. Sfido Visco a contestarlo con le sue elucubrazioni. Il viceministro fa circolare dei dati che disinformano, è un atto di vendetta. Noi non contestiamo gli studi di settore, sono uno strumento rozzo ma in sè e per sè non sono negativi. Ma solo se vengono usati in modo puntuale, per colpire i furbi. Qui invece si estendono a tutta la categoria, e il risultato è che per molti autonomi i ricavi devono crescere. Cioè ti dicono: tu per essere a posto devi avere un ricavo maggiore. Ma così è una follia».
Gli studi non sembrano tenere conto di troppe variabili che abbassano il reddito medio degli artigiani: il gap tra Nord e Sud del Paese, lo «splitting familiare» (cioè la possibilità di scaricare il reddito sui parenti fino al 49%, nda), lalta mortalità delle imprese (il 55% fallisce nei primi cinque anni), il 70% degli artigiani che lavora da solo. «È così strano pensare che un autonomo che lavora da solo guadagni quanto un dipendente, i famosi mille euro al mese? Invece vengono indicati come evasori fiscali. Stesso discorso per le aziende che vanno male, che vanno verso il fallimento. È ovvio che dichiarino ricavi più bassi».
Le associazioni degli artigiani ricordano ancora gli impegni presi da Visco nel 96, quando era ministro. «Firmò un protocollo dintesa con le categorie dove si prevedeva di validare gli studi sempre in modo bilaterale, la riduzione del carico burocratico, labolizione dello scontrino. Non solo non ha mantenuto le promesse, ma ha fatto lesatto contrario. Ma un ministro che dice le bugie deve andare a casa». La protesta fiscale è stata però liquidata dal ministro con unalzata di spalle: non cè nessuna ragione per la disobbedienza fiscale, ha detto ieri Visco. «Lo pensi pure, ma io intanto ho ricevuto le telefonate di presidenti di commissioni e di presidenti di associazioni nazionali di categoria che mi hanno detto: non ci mettiamo intorno ad un tavolo finchè Visco rimane al suo posto». Bortolussi - lo lascia capire - si riferisce a Confartigianato e Confcommercio.
La rabbia del segretario della Cgia di Mestre arriva a paragonare lo stile del viceministro alla «disinformatija sovietica». «Prima di lui il ministero dellEconomia pubblicava dei libroni con tutte le dichiarazioni dei redditi divise per categoria. Da quel registro si poteva sapere tutto sulle imprese italiane. Ma da quando è entrato Visco sono spariti. Così lui è libero di dare i dati che vuole».
Il sommerso sta altrove. «Leconomia criminale rappresenta quasi lintera evasione. Poi cè lo scandalo delle grandi società di capitali che nel 50% dei casi dichiarano zero, ma su cui Visco non ha mai fatto niente. Al di fuori di questo rimangono piccole sacche di evasione. Ma il governo si accanisce contro autonomi e dipendenti. Il vero imputato è lo Stato. In Italia paghiamo il 27,7% di tasse e tributi, in Germania il 22,1%, la media Ue senza lItalia è il 24,9.
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