Quei poveri ragazzi che non sognano più

Clamoroso successo per «Risveglio di primavera», remake della classica tragedia di Wedekind

da New York

Sui manifesti del glorioso Teatro O’Neill spicca un assioma significativo: «Nel 1891 la ricca e nobile Germania ha censurato un testo come questo. Oggi la libera America si onora di presentarlo al pubblico». Si onora o sarebbe meglio dire si è onorata. Dato che da sette anni il regista Michael Mayer, sulla scorta delle esortazioni del librettista Steven Sater ha tratto dal capolavoro di Frank Wedekind, padre riconosciuto dell’espressionismo, il copione di Risveglio di primavera. Il musical che giunto a Broadway fa impazzire l’America. Tanto che, dopo l’entusiasmo dei critici che l’han costellato di premi (tra cui una dozzina di ambitissimi Tony Award), autore e regista continuano instancabili a limarlo e migliorarlo costringendo a un eterno stillicidio di prove la compagnia di straordinari attor giovani. Non ultimo elemento del gran successo di pubblico che accompagna, con ripetute ovazioni, ogni recita del magnifico spettacolo. Divenuto una continua novità che si mormora venga di nuovo preso in considerazione dalle giurie.
Dal momento che s’intuisce un insuperabile professionismo da far dubitare persino noi italiani che il copione - da noi visto per la prima volta nel’72 per merito di Giancarlo Nanni e Manuela Kustermann - non sia una novità made in Usa. Lo spettacolo racconta la terribile storia della repressione sessuale di cui son vittime gli adolescenti in una scuola dove i maschi sono puniti e marchiati a vita per le più innocue infrazioni mentre le povere ragazze, vittime dell’intransigenza paterna e del deplorevole lassismo delle madri, ignorano persino il senso di un sacramento come il matrimonio e la loro missione di donare la vita. Fino alle estreme conseguenze quando Wendla, rimasta incinta senza saperlo, viene affidata dalla madre al coltello della mammana che ne farà scempio e, tra i suoi coetanei, c’è chi non riuscirà a sopportare il diktat che gli pende sul capo giungendo persino a togliersi la vita quando le tenebre caleranno su quel giorno radioso. Che s’identifica nel titolo ironicamente scelto da Wedekind: uno spaventoso Risveglio di primavera.
Sulla scena, l’aula dove Melchior, Moritz e i suoi compagni ricevono i primi rudimenti impartiti da un educatore che sfodera ad ogni istante la frusta è contornata da torri e torrette di panche su cui prendono posto gli spettatori, direttamente chiamati in causa come testimoni dei fatti narrati. Mentre, a chi è rimasto in platea, è riservato il compito di premiare con l’applauso o disapprovare nel dissenso dei fischi l’assunto proposto dallo spettacolo. Che si snoda come se fosse un’aerea messinscena shakespeariana dove, al posto del Fato e in mancanza di qualsiasi intervento soprannaturale, sono gli uomini ad essere additati come gli artefici del male nel mondo.


Prima che i sopravvissuti al tremendo gioco al massacro, perpetrato da una scuola che teme l’insorgere di qualsiasi abbandono, evochino in una straziante elegia i compagni che si son rifiutati di vivere in un quadro di angosciosa bellezza che ricorda l’immortale Antologia di Spoon River di EdgarLee Masters quando le luci si abbassano celebrando, nella morte del giorno, il lutto che si abbatte su un’intera generazione.

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