Quei sei baby-senatori diventati i «giudici supremi»

Butti e Totaro (An) hanno contestato ai colleghi della maggioranza i voti per «Francesco Marini»

Fabrizio de Feo

da Roma

Sono gli eroi di giornata del centrodestra, Alessio Butti e Achille Totaro. I mastini d’aula di Alleanza nazionale che hanno riaperto una partita chiusa, tenendo testa a una vecchia volpe come Oscar Luigi Scalfaro e ai quattro controllori dell’Unione, decisi a far passare per buoni i tre voti a «Francesco Marini». Loro, invece, hanno tenuto duro. Hanno incalzato i colleghi della parte avversa, paventando il reato di falso in atto pubblico. E alla fine hanno ottenuto la ripetizione della votazione pomeridiana.
Un successo che gli è valso gli applausi dei senatori della Cdl, il brillare di 500 sms di complimenti sui display dei loro telefonini e qualche divagazione «agiografica» tra le file dei colleghi. La più curiosa? Quella che paragona la «tigna» di Butti a quella del grande Pino Wilson, il capitano della Lazio che in un match degli anni ’70 contro il Milan a San Siro - con la squadra biancoceleste sotto per 1 a 0 a causa di un gol segnato da Luciano Chiarugi - tampinò il «re del fischietto», Concetto Lo Bello, fino a convincerlo a sospendere la partita a causa della nebbia fittissima calata sul terreno di gioco. Una insistenza simile a quella esercitata dal parlamentare comasco addirittura su un ex presidente della Repubblica.
È un battesimo di fuoco, quello di Butti e Totaro, al primo giorno da neo-senatori di Alleanza nazionale. Avendo da poco passato i quarant’anni sono chiamati, insieme a Mario Albonetti di Rifondazione, Fabio Giambrone dell’Italia dei Valori, Mario Filippi dei Ds e Simonetta Rubinato della Margherita, a svolgere le funzioni di segretari provvisori. Un compito che spetta ai senatori più giovani, chiamati a coadiuvare il presidente provvisorio (scelto, invece, in base al requisito dell’anzianità). In base all’articolo 11 del regolamento ai segretari spetta un incarico preciso: «accertare il risultato delle votazioni». Un compito solitamente di routine, un ruolo da semplici assistenti-notai che, questa volta, si trasforma in un incarico da far tremare i polsi a causa di uno spoglio segnato da mille contestazioni.
«Non appena Scalfaro ha dato lettura delle tre schede con sopra il nome di Francesco Marini ho subito detto ai colleghi dell’Unione che volevano passarle di accantonarle» racconta Butti. Il difficile è arrivato dopo, quando è iniziata una discussione che ha tenuto l’aula di Palazzo Madama con il fiato sospeso. «Il regolamento non diceva nulla al riguardo, eravamo di fronte a una novità assoluta. Scalfaro stesso inizialmente era favorevole ad assegnare quelle schede a Marini. Poi l’ho incalzato, dicendogli che non poteva lavarsi le mani di fronte a un falso e a schede rese riconoscibili. E con Totaro abbiamo detto chiaro e tondo che non avremmo mai firmato il verbale. Devo dire che, in tutto questo, mi è dispiaciuto che i colleghi dell’Unione fossero disposti ad assecondare un falso e volessero approvare il verbale a maggioranza. Alla fine si è raggiunta una mediazione con la ripetizione della votazione ma questo è comunque un brutto inizio. Una prova di arroganza che l’Unione non si può permettere». Butti e Totaro sono convinti che lo stop imposto all’Unione rappresenti una iniezione di energia per l’opposizione.

«Questa nostra battaglia è importante per far vedere che siamo pronti a fare opposizione dura». Rimane, però, un interrogativo. «In Senato abbiamo potuto controllare il voto. Mi chiedo: cosa sarebbe successo se avessimo potuto controllare anche il voto degli italiani?».

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