Quei trasgressivi anni ’70 sulle note dei Pink Floyd

Esperimento riuscito quello di Welcome to the machine, il musical che, attraverso grande poesia cadenzata dal ritmo incalzante delle musiche dei Pink Floyd (eseguite dal vivo), racconta storie umane dall’andamento parabolico. In scena al Teatro Ciak dal oggi al 30 aprile, lo show psichedelico nasce con l’obiettivo di rendere omaggio alla band britannica, leader indiscussa della scena rock degli anni ’70, proponendo al pubblico una formula di spettacolo inedita. Al regista toscano Emiliano Galigani si deve l’invenzione della ricetta ideale per divertire e nel contempo commuovere e suggestionare. «Quando cominciammo a lavorare allo spettacolo The Wall, mi venne la voglia di abbracciare un progetto inedito; così, ricercando nei testi dei Pink Floyd una linea narrativa che raccontasse la storia di un trentennio, ho indagato attorno alla possibilità di creare dei personaggi». Dopo aver ricevuto consensi di critica e pubblico, trionfando nelle piazze estive, Welcome to the machine, con 14 attori e quattro musicisti, sbarca a Milano regalando al pubblico una cartina di tornasole attraverso la quale leggere il nostro tempo e le scelte degli artisti d’oggi che, tutto sommato, ben poco si discostano da quelle di un trentennio fa. Dopo aver diretto Circo Faber, Galigani si è liberamente ispirato alla vicenda di Syd Barrett, la giovane rockstar guida e mentore dei Pink Floyd fino al ’68. «Si tratta di uno spettacolo interamente suonato e cantato: non esiste nessuna sezione recitata e tutte le parole sono tratte dai testi dei Pink Floyd. E’ un’autentica opera rock, con musica live eseguita dalla band diretta da Massimiliano Salani. Tuttavia, non è nemmeno una mera esibizione musicale, essendo lo show retto da una narrazione». E’ stato stimolante raccontare dell’ascesa vertiginosa così come della caduta altrettanto destabilizzante di una star, protagonista di un declino e di un tracollo che lo ha portato alla pazzia. «In effetti, - racconta Galigani - si tratta del classico paradigma che calza a pennello anche ad altre rockstar: l’opera si sviluppa attorno all’ascesa e alla caduta di un simbolo del genere musicale. Come Kurt Cobain dei Nirvana, giusto per fare un esempio, che toccò l’Olimpo diventando un mito per poi decadere. Welcome to the machine mette in risalto la libertà creativa dell'artista che riesce a spingere il musicista al successo; inevitabilmente, però, il divo si trova, ben presto, imbrigliato nelle regole della sua dote che deve corrispondere a determinati canoni e a quelle leggi del mercato e del sistema imposte dallo show business. E' interessante, inoltre, riuscire a percepire anche il secondo substrato del musical che contiene anche una piccola morale. Il mondo dello spettacolo di allora, con starlette e showgirl ambiziose, messo alla berlina, corrisponde alla società degli artisti dell’oggi - conclude Galigani -.

Come Syd Barrett ha ceduto alle lusinghe del mondo dell’immagine, offrendo musica sì di qualità ma puntando anche a soddisfare l’occhio nel rispetto del proprio personaggio, così anche oggi l'universo degli artisti resta ancorato all’immagine, carnefice di miti e di protagonisti. Il mio spettacolo è una meravigliosa e poetica metafora dell’oggi, partorita attraverso un ricco e prezioso materiale che appartiene alla storia della musica».

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