di Benny Casadei Lucchi
Fa male pensarlo, fa male dirselo e scriverlo. Però è stato talmente devastante il suo arrivo che in molti, troppi, hanno inevitabilmente iniziato a vacillare nel proprio credo motociclistico. Prima che piombasse lui, prima che nella stagione del debutto disintegrasse ogni record, prima che vincesse il titolo all'esordio come riuscito solo al marziano Kenny Roberts però più vecchio, prima eravamo tutti Valentino centrici perché Vale il più forte di sempre, perché Vale come lui nessuno mai. Poi è atterrato lui e tutti abbiamo iniziato a tentennare, a vacillare come ubriachi pizzicati dalla prova del palloncino mentre con la bocca impastata biascichiamo «e se fosse questo qua il più forte di sempre? Questo coso qua? Questo bambino qua? Questo Marc Marquez...».
Per l'irriverente grinta Marc ricorda sì il primo Valentino Rossifumi, ma soprattutto mi riporta in mente il primo Alberto Tomba. C'entra niente con le moto però c'entra parecchio con la magica forza che regala all'atleta l'inconsapevolezza del vincere sempre. Gli arrivi sul traguardo di Marc hanno il sapore di quelli di Albertone che trionfava incosciente fra i paletti e festeggiava con quelli di Sestola, senza rendersi ancora conto di che impatto il suo dominio avrebbe avuto su lui stesso, sullo sport, su quello sport. Il fatto stesso che all'improvviso, et voìla, Marc Marquez, il fatto che non si riesca a scodellare veri paragoni con altri campioni del motociclismo, dà ora l'esatta misura di quanto incredibile sia stato il suo impatto sull'ordine costituito del moto mondo. Un pianeta dove c'era e c'è il totem Rossi, dove c'è Jorge Lorenzo zeppo di pensieroso talento, dove c'é quel paperino talvolta iellato di Daniel Pedrosa che non ha mai accettato di essere tanto naturalmente forte per cui ha sempre cercato di compensare stendendosi a terra o facendosi stendere. Un moto mondo dove tre sole moto vanno, ora diciamo due, Honda e Yamaha visto che la Ducati si è persa, e solo tre piloti sono sopra gli altri visto il prepensionamento volontario di Casey Stoner. Poi tante controfigure, alcune fortunate su moto vere o quasi vere, altre relegate su moto finte come le Crc. Poi...
Poi, all'improvviso, ecco lui. Sorriso Marquez, talento Marquez, cattiveria Marquez, spavalderia Marquez. Lui incosciente con tutti i suoi venti anni da gestire come i 230 cavalli della Honda. Lui che sbatte fuori Valentino Rossi a Laguna Seca e però «ho fatto proprio come Valentino su Stoner a Laguna Seca» per cui Rossi non può e potrà che dire bene e bravo e bis anziché dargli un ceffone. Lui che prima aveva combinato uguale manovra su Lorenzo a Jerez, ancora fotocopia proprio di un sorpasso con spallata di Rossi anni addietro ai danni di Gibernau. Per cui, di nuovo, giudici compresi, nessuno avrebbe potuto punirlo visto che a suo tempo punizione non c'era stata. Lui furbo, lui simpatico, lui «figlio di...» ma anche figlio di noi tutti perché ci piace un mondo e però nemico di tutti i nostri figli perché nella vita guai se incontrassero uno come lui.
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