Quel diritto negato da un’infamia

È stata commessa una infamia. Abbiamo assistito a un episodio sconvolgente dal punto di vista umano e che tocca profondamente la nostra coscienza civile. In nome di una pseudolegalità si è condannata una bambina a un futuro angoscioso, al quale sarà difficile sottrarla. In realtà la legalità non è stata rispettata neanche formalmente. L’ordinanza del Tribunale dei minori prevedeva che i Giusto accompagnassero Maria in Bielorussia, oltre ad altre clausole non adempiute.
Ma è sotto il profilo sostanziale che la legalità è stata infranta, e con essa alcuni dei principi che dovrebbero starci più a cuore. Perché non si è voluto affrontare il vero problema: esiste o non esiste un diritto umano, insuperabile, di un minore a non essere rimandato nel luogo in cui è stato sottoposto a un trattamento inumano? E se questo diritto esiste, non è forse tutelato dai nostri principi costituzionali, e più esplicitamente dalla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, della quale l’Italia è tra i primi firmatari? E se le cose che ha raccontato Maria sono vere, e tutto lascia pensare che lo siano, non è forse questo uno dei casi di tale diritto? Del resto se una minore straniera sfuggisse al racket della droga o della prostituzione, e pur senza permesso di soggiorno, passaporto e altri documenti chiedesse protezione, ci sentiremmo di rimandarla indietro perché non in regola con la burocrazia?
Il ricorso a una finta legalità ha coperto in realtà l’atteggiamento farisaico con cui politici e magistrati hanno liquidato la questione. Difendere Maria era difficile, implicava rotture diplomatiche, coinvolgeva altre situazioni dolorose. Meglio rifugiarsi dietro la formula di garantirla dentro la legalità, come se tutti non sapessero quale legalità attende quella povera bambina. Ancora più squallido è il modo in cui il blitz è stato condotto, di notte all’improvviso, come se si trattasse di delinquenti pericolosi. Ma ancora più sorprendente è la coincidenza con un altro fatto: proprio nelle ore in cui Maria veniva rimpatriata, gli avvocati dei Giusto presentavano a Strasburgo il ricorso per chiedere in via cautelare il blocco della decisione. E si basavano su alcuni precedenti in cui la Corte, ancora l’anno scorso, aveva prima bloccato e poi revocato un provvedimento di rimpatrio di minori in casi simili a questo. Quindi il ricorso aveva buone possibilità di essere accolto. Ebbene, con una decisione incomprensibile è stata tolta alla Corte di Strasburgo la possibilità di intervenire, e quindi si è tolta alla bambina la possibilità di appellarsi a un organismo internazionale. Viene anche il sospetto che tra i motivi della fretta ci sia lo sciopero dei giornali, e quindi il tentativo di coprire la vicenda con il silenzio.

Motivo di più per gridare, per dire a voce altissima che questa è una vergogna. Perché una campagna di opinione è oggi una delle poche garanzie per il futuro di Maria e di migliaia di altri innocenti.
*Docente di diritto
ed ex parlamentare

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