Quell’uomo «nuovo» che ci riporta al Muro

È una fase della vita politica molto istruttiva. Diciamo che si torna indietro, ma anche didietro. Ci sono nomi che segnano un destino a ritroso. Torna Prodi. Torna anche via Gradoli. Si passa dal sangue di Moro alla coca di Marrazzo, con una decadenza palese del coraggio in politica. Però - ora come allora - protagonista resta Prodi. Fu lui a indicare la prigione del presidente Dc in quella strada. Lui sostenne che lo spirito di La Pira aveva scelto di parlare a lui ballando su un tavolino. Se i quattro carabinieri sostenessero di aver avuto l’indirizzo per l’irruzione con medesimo metodo, secondo voi la passano liscia? Dopo trent’anni la sinistra è tornata però a quell’anno. 1978. Pci. E vicino a lei, la Dc. Sono strani ricorsi.
Di certo la torbida vicenda del governatore, restituisce, per il paradosso delle cose umane, chiarezza allo sguardo e permette di vedere nitidamente il panorama italiano, cavalli e cavalieri che lo percorrono. Da una parte c’è Berlusconi, la sua squadra di governo centrale e locale. Intorno e insieme c’è un popolo. (Giuseppe D’Avanzo usa tra virgolette questa parola. Scrive così: «popolo», perché esso sta dalla parte di Berlusconi, dunque non può, secondo il partito di Repubblica, essere quello di cui parla l’articolo 1 della Costituzione: la sovranità appartiene al popolo. Guai. La sovranità per loro appartiene ai contrappesi, che sono poi i pm e Repubblica medesima). Questo popolo si sente pienamente rappresentato dal premier che ha eletto, e anzi ha capacità attrattiva anche nei confronti di chi prima dava il consenso ad altri. I sondaggi dicono che Berlusconi gode del 68 per cento di gente favorevole, un record in Occidente. Si noti: le forze di governo e il leader sono premiate perché (1) fanno, non si lasciano fermare dalle aggressioni; (2) continuano il loro cammino come da programmi, consolidando la forma-partito del Pdl, e la sua capacità di rapporto di competizione virtuosa con la Lega.
Dall’altra parte, che è sempre più striminzita, non esiste un popolo alternativo. Ma un gruppo di potere alla cui testa non c’è una formazione politica, ma un fascio di interessi rancorosi ed extra democratici. Il percorso politico della sinistra, tutto basato sull’assalto moralistico e spionistico contro Berlusconi, è finito simbolicamente sotto un trans. E - senza voler infierire contro il Marrazzo espiatorio - questa vicenda ha detto di più dell’ipocrisia moralistica e da falsari del Partito democratico che neanche la farsa delle primarie, dove si è inventato un gioco pur di occupare i giornali con numeri per la prima volta superiori al venti per cento (siccome si scannavano tra loro, lo spettacolo ha attratto curiosi... ).
Siamo ingenerosi? Fotografiamo la realtà. Qualcuno la chiamò terza Repubblica, con la nascita del Pdl da una parte e la rinuncia dall’altra parte (la sinistra) alla botanica politica delle Querce, Margherite, Girasoli, Rose eccetera. Veltroni sfrondò l’Ulivo e liquidò le forze estremiste, costringendole all’emarginazione, ma si è portato la serpe in seno incarnata da Di Pietro. Ora che cosa sta accadendo? Le forze di governo del centrodestra tirano diritto e non si girano, nonostante l'assalto continuo ed extra democratico di forze finanziarie, editoriali e giudiziarie (con la politica della sinistra ridotta a gregaria sfiatata dei pm e della Repubblica). Invece che cosa accade nel centrosinistra? Si torna di brutto, con voluttà nostalgiche e disperazioni da vecchi rimbambiti, al passato. La vittoria di Bersani ci riporta non tanto a prima dell’Ulivo, ma addirittura a prima del Pds, a prima del Muro. Bersani è certo un tipo serio, nel senso del comunista serio. Che infatti convoca ancora i cattolici al suo seguito come fece Togliatti con i cattolici indipendenti di sinistra, adescando Prodi (già ministro del governo Andreotti), il quale pare prestarsi volentieri, perché dimostra che l’unico democristiano gradito ai compagni alla fine - fallito Franceschini, liquidato Rutelli - è lui, il Professore del Disastro Universale. Uno che vince solo le battaglie di Pirro, dura cinque minuti e poi a casa.
Oltre al Pci, chi abbiamo? La Democrazia cristiana, ma non quella vera, bensì una sua raggrinzita replica. La proposta di Casini di un Grande Centro, raccoglie nel sacco Rutelli. Sai la novità? Sempre meglio che comunista, d’accordo. Forse però, sua moglie Barbara Palombelli - dopo essere stata sposata a un radicale, verde, asinello, popolare, ulivista, democratico - non pensava proprio di finire con un forlaniano tardone.
Bersani, che ha qualcosa del glorioso Natta, sarà figlio di tempi andati in malora, ma è uomo di navigata astuzia politica. Un comunista, un Campari soda rosso, non un cocktail come Franceschini e Veltroni. Un paio di idee politiche le ha, e non sono in primis antiberlusconiane, anche se ha versato anche lui il suo obolo alla pirlaggine da Annozero.

Se vuol dar peso alle sue posizioni politiche, liberandole dalla zavorra servile verso la magistratura, è il caso prenda sul serio la proposta di riforma della magistratura, ormai inderogabile, magari partendo da quanto votato nella bicamerale. Non si tratta di fare inciuci, ma di eliminare dalla contesa politica gli invasori di campo: quei pm anche se sono ultrà della sinistra, poi alla fine scotennano anche i compagni.

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