Economia

Quella geografia di poteri sempre alleati con Fiorani

Il ruolo di Zoncada, i rapporti con i consiglieri e il peso dei sindaci

da Milano

In casa Bpi il consiglio e la semestrale di ieri sono destinati a segnare uno spartiacque sia sul lato finanziario, con la pulizia nei conti, sia nella geografia del potere che ha sempre ruotato intorno alla banca.
Certo, parlare di geografia e quindi di rete più o meno allargata di deleghe operative, è alquanto difficile considerando la personalità e il carisma di Gianpiero Fiorani, che è riuscito in un ventennio di carriera alla Popolare a issarsi in cima a una piramide, che lasciava poco spazio ai (pochi) dissidenti, ma anche molte opportunità agli amici più fidati. Senza considerare la capacità che l’ex amministratore ha avuto di traghettare una piccola banchetta locale, nel parterre de roi nazionale.
Ma tra le macerie del sogno della grande Popolare italiana, si rintracciano anche le scorie che alimentano una ridda di sospetti. Per la Procura, tutto diventa così oggetto di indagine: dal mattone, alla compravendita di azioni, passando per fiduciarie e paradisi fiscali. Da qui i sospetti della magistratura di arricchimento personale, in un intreccio che passa per i consiglieri di amministrazione del gruppo.
Le avventure più chiacchierate riguardano sicuramente le iniziative immobiliari del vicepresidente di Bpi, ed Efibanca, Desiderio Zoncada, con la presunta complicità del dirigente comunale Trabattoni e la moglie, architetto per la banca. Già attivo nei trasporti, e in una miriade di imprese edili, Zoncada, stando alle ipotesi della Procura, avrebbe ricevuto, in determinati casi, finanziamenti direttamente dalla Lodi per affari immobiliari dove in cabina di regia sedeva lo stesso Fiorani. Si va dagli ex terreni della banca di fronte allo stadio Fanfulla a Lodi, all’intera area edificata in faccia alla splendida sede di Renzo Piano della Bpi. In un crescendo di sospetti e illazioni, in cui alla fine sarà difficile capire cosa ci sia di penalmente rilevante. E cosa invece sia solo frutto di pesanti «inopportunità» istituzionali. Altro nome che si incrocia spesso nelle avventure immobiliari lodigiane (e no) è quello di Aldino Quartieri, membro del collegio sindacale dell’istituto. La Guardia di finanza recentemente ha sequestrato tutta la documentazione di una dozzina di finanziarie tra le tante lì domiciliate, con il sospetto che Fiorani possa avere degli interessi in quest’ultime. Di sicuro il commercialista deve aver goduto di totale fiducia tra i vertici della Lodi, visto che anche il vicepresidente Zoncada gli ha passato tutti i più recenti lavori, lasciando però le attività tradizionali di famiglia presso il rispettato studio del presidente della Bpi, Benevento, anche lui commercialista. Qualche sospetto di una passione comune per il mattone circola anche intorno al consigliere Francesco Ferrari, amico di Fiorani ed ex presidente della Camera di commercio di Lodi, mentre il nome, già emerso, di Marino Ferrari, l’intestatario, tramite società paravento, della famosa villa di Cap San Martin, in Francia, sembra riconducibile anche ad alcune speculazioni nel Cremasco. In generale, scorrendo la lunga lista del cda con imprenditori e professionisti molto stimati, l’aspetto che più salta all’occhio nella radiografia dei personaggi, è il forte legame con il territorio, come peraltro prevedibile da una Popolare, che però ha ormai assunto dimensioni nazionali. Troviamo infatti, Guido Castellotti, ex presidente della Coldiretti, organizzazione che controllava molte aree chiave in città, oppure l’ingegner Carlo Gattoni, presidente delle Unioni bonifiche regionali. Presenti anche industriali come Domenico Zucchetti, del gruppo Zucchetti, la più grande azienda high-tech della zona, e professionisti come l’attuale numero uno della banca, Giorgio Olmo, commercialista di Crema ed ex presidente della Popolare locale. All’appello non manca neanche un parente di Gnutti, Osvaldo Savoldi, ed ex dirigenti di banche finite poi nell’orbita Bpi. L’appoggio dei consiglieri era sostanzialmente legato al progetto di crescita della banca. La strategia di aumento di capitale-acquisizioni ha funzionato perché in una Popolare non si ha un singolo azionista (o patto) di peso che possano lamentarsi della diluizione del capitale. Basta proporre ogni volta una ricapitalizzazione a un prezzo inferiore ai valori di Borsa e il successo è assicurato. I conti, semmai, si fanno con la soddisfazione per gli azionisti. Un capitolo a parte meritano i sindaci effettivi. Le insistenze della Procura non lasciano dubbi. La richiesta sarebbe per una pulizia all'interno del collegio dove oltre a Quartieri, troviamo tra gli altri Bonazzi, Vesce, e il professor Goisis, tutti molto vicini a Fiorani. Su alcuni di loro, come su Molinari, membro del cda, pende anche il sospetto di altri consiglieri e vertici della banca di non essere del tutto trasparenti, in sostanza di fare il doppio gioco per creare un clima di allarmismo.
Il gioco è semplice, e già visto, considerando ad esempio la modalità in cui venne trattato il caso Bipop. Si lascia nell’incertezza e nel dubbio il mercato, lasciando presagire tutto il peggio possibile, per poi magari chiamare qualche cavaliere bianco a rilevare, con un investimento inferiore del previsto, l’intero gruppo. Nel consiglio di amministrazione di ieri, pur con tutti i contrasti, è emersa la volontà di voltare pagina e pensare agli oltre 200mila azionisti.
Per tutti è venuto il momento di giocare a carte scoperte.

E soprattutto il rischio che qualcuno si possa affacciare alla finestra per sbrogliare «il nodo Lodi», in città fa davvero paura.

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