Quella «rete» dal Mar Nero alle nostre case

Un’opera enorme, cresciuta di importanza durante la sua progettazione: il South Stream promette di diventare una realizzazione strategica, sotto molti punti di vista. Il gasdotto partirà dalla costa settentrionale del Mar Nero, arriverà in Turchia e poi in Bulgaria. Lì si dividerà in due tronconi: uno punterà verso la Grecia, i Balcani e l’Italia, l’altro verso l’Europa centrale. Ma soprattutto porterà tantissimo gas: inizialmente era prevista una capacità di 31 miliardi di metri cubi l’anno; l’accordo tra Eni e Gazprom dello scorso maggio ne ha più che raddoppiato la capacità, che salirà a 63 miliardi di metri cubi. Se si pensa che dal Tag, il gasdotto che passando attraverso Ucraina e Austria porta il gas in Italia, arrivano in tutto 37 miliardi di metri cubi, si vede quanto sarà strategico il South Stream. Innanzitutto perché eviterà il nodo ucraino e i rischi che comporta, e in secondo luogo perché con le sue forniture legherà ai giacimenti russi gran parte dell’Europa centro-meridionale. La Germania, invece, riceverà il metano dal North Stream, che passerà attraverso il Baltico, per aggirare Polonia e Paesi baltici, che oggi non hanno rapporti di particolare amicizia con Mosca e che hanno protestato per essere stati esclusi dalla nuova opera. E l’Europa per almeno i prossimi vent’anni sarà sempre più bisognosa di gas. Ma torniamo al South Stream: la firma di ieri ad Ankara ha aggiunto un tassello a un puzzle non facile. Tutti i Paesi attraversati vogliono infatti avere una contropartita, naturalmente in forniture. La Turchia è già collegata alla Russia attraverso il Blue Stream, inaugurato pochi anni fa, e consuma tutto il gas che riceve. Inoltre Mosca ha un accordo con l’Eni per la costruzione di un oleodotto che porterà il greggio russo dalla costa nord turca fino a quella sud, a Ceyan: eviterà alle petroliere l’attraversamento del Bosforo sempre più intasato. Il porto di Ceyan diventerà però ancora più importante con l’arrivo del gasdotto Baku-Ceyan, che porterà il gas dell’Azerbaigian e del Caspio fin nel Mediterraneo.
E qui si apre il «grande gioco» dei gasdotti: il gas azero è infatti concorrente di quello russo, e la Turchia, aprendo le porte anche al South Stream, ospiterà così due gasdotti concorrenti. Acquistando un peso geopolitico e strategico non indifferente e diventando di fatto il ponte tra i due più grandi produttori di metano a nord del Mediterraneo: la Russia e il Caspio. E dicendo Caspio non si intende solo l’Azerbaigian, ma anche il Turkmenistan: due Paesi che possono porsi come alternativa alle forniture russe e sui quali Bruxelles punta per evitare un’eccessiva dipendenza da Mosca. L’Ue sta sponsorizzando due gasdotti che la uniranno direttamente al Caspio: l’Igi e il Nabucco.

L’Igi è già arrivato alla frontiera tra Turchia e Grecia e in pochi anni arriverà in Italia: Edison ne finanzierà in parte la costruzione. Ma ha una portata limitata. Il Nabucco avrà una portata di almeno 30 miliardi, ma è ancora in fase progettuale e ci sono dubbi che l’Azerbaigian sia in grado di far fronte alla richiesta di tutto quel gas.

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