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Quella sete di giustizia che dura da settant’anni

Nessuno sarà mai ricompensato davvero per un genitore morto o per le ferite subite. I rancori rimangono nel cuore dei popoli

Quella sete di giustizia che dura da settant’anni

Nel 2008 una sentenza della Cassazione italiana condannava la Germania a risarcire le vittime di alcune stragi naziste. Ieri la Corte internazionale dell’Aja, massimo tribunale dell’Onu, ha dichiarato la sentenza non valida, perché nessun tribunale può condannare uno Stato sovrano.

Non voglio entrare in questioni giuridiche complesse, ma anche da un punto di vista di puro buonsenso è difficile districarsi fra chi abbia torto e chi ragione. Da un lato viene da dire: se posso fare causa al mio Stato, o ai suoi organi che mi hanno fatto un torto, perché non posso con uno Stato straniero? D’altra parte: se si affermasse questo principio, alla fine di ogni guerra sarebbero milioni i procedimenti penali, tanto da vanificare i trattati di pace e probabilmente portare allo scoppio di un’altra guerra. Altri dubbi contrapposti. Certi comportamenti nazisti nei territori occupati vanno addirittura oltre le crudeltà abituali di una guerra, e può essere giusto che alla gravità dell’offesa corrisponda un surplus di pena. Del resto, però: non possono essere i vincitori a stabilire, oltre sessant’anni dopo, simili questioni; per di più, non c’è esercito che non abbia compiuto nefandezze simili a quelle della sentenza di cui si parla: penso, per esempio, a alcune «imprese» italiane durante la guerra d’Etiopia.

Infine, quand’è che metteremo davvero la parola fine alla seconda guerra mondiale? Sono passati quasi sessantasette anni dalla sua conclusione. È vero che ci sono vittime - orfani, feriti - ancora vivi e che in nessun modo potranno venire risarciti del tutto per un genitore morto, per un’amputazione fisica o morale. E però, davvero non ha senso parlare di Europa Unita, e di Fondi Salvastati, e di Aiuti della Germania, se nel cuore dei popoli permangono - e permangono, come non potrebbero - rancori come questi.

Subito dopo la guerra i vincitori celebrarono un grande processo internazionale contro i principali responsabili del nazismo e dei suoi comportamenti criminali; il processo di Norimberga si concluse con numerose condanne a morte per impiccagione. In seguito i singoli Stati hanno catturato (se ne sono stati capaci) dei responsabili di atrocità tedeschi e li hanno condannati. E anche questo è stato giusto e necessario. Adesso come si fa a giudicare la Germania di Angela Merkel «mandante» delle SS? Fino a quanto le colpe dei padri dovranno ricadere sui figli?

Beninteso, lo stesso discorso vale per i crimini commessi - oh quanti - da tutti i regimi, compresi quelli comunisti. Certo è che, se ci si mette sotto la tutela di un tribunale internazionale unanimemente accettato, è quanto meno sorprendente rifiutarne le sentenze che non ci convengono. Insomma, sono state sagge le parole del nostro ministro degli esteri, Terzi di Sant’Agata: occorre rispettare la sentenza, ma anche proseguire le trattative Italia-Germania per soddisfare quanto più possibile il desiderio di giustizia delle vittime e dei loro familiari.
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giordanobrunoguerri.it

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