Quelle interviste che raccontano Daolio grande Nomade degli anni Sessanta

«A 11 anni sono entrato di nascosto in un dancing di provincia dove tu e i Nomadi suonavate. Ero nascosto sotto il palco e tu per me eri un gigante buono. Quanto desideravo parlarti e trovai il coraggio di farlo, chiedendoti come si fa a diventare come te. Ho scoperto poi che, purtroppo, non bastano barba, due grandi occhiali e una bella voce». Così Zucchero ricorda Augusto Daolio, mitico cantante dei Nomadi celebrato nel libro Interviste a Augusto Daolio di Alberto Gedda con prefazione dell’amico di sempre (ancora leader dei Nomadi) Beppe Carletti e Vincenzo Mollica, che verrà presentato oggi alle 18 all’Auditorium dell'Umanitaria. Interviste in cui Daolio racconta la sua personalità così schiva e allo stesso tempo carismatica, la sua voce che scuote cantando (sulla spinta di Guccini) «Se Dio muore è per tre giorni poi risorge» sorprendendo l’Italia in ebollizione degli anni ’60. I suoi storici incontri, come quello con Richie Havens a Praga, in cui cantarono insieme la liberatoria Freedom simbolo di Woodstock. Il tutto narrato dalle parola di Augusto ma anche dalle emozionanti ed emozionate parole del giornalista e amico Alberto Gedda, che ci mostra l’Augusto più autentico e nascosto, quello che quando lo chiami a casa al telefono la mamma risponde «Augusto è dietro a dormire» perchè è arrivato tardi dal concerto, dopo ore di viaggio a macinare sogni e disegni.

Perchè Augusto è anche pittore e poeta (e nel libro di sono i suoi disegni e le sue poesie) e scrittore e archeologo fuori dagli schemi e dalla retorica. La sua semplicità e la sua umanità mancano alla musica italiana, anche se echeggiano prepotentemente nelle gloriose imprese dei Nomadi che - anche grazie a lui - non finiscono mai di regalare emozioni e di stupire.

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