Quello spirito referendario ormai sepolto in cantina

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La scorsa settimana glielo hanno ricordato i radicali, da Emma Bonino a Daniele Capezzone, che inscenavano per le vie di Roma una manifestazione pro referendum. Si sono fermati anche davanti alle finestre della sede della Margherita levando un coro verso Francesco Rutelli: «Fantasma Rutelli esci...». È difficile accettare questo profondo cambiamento proprio da uno che stato dei tuoi. Forse non tutti lo ricordano, ma è nel partito radicale di Pannella, battagliero promotore di referendum, che Rutelli muove i primi passi. Sono gli anni Settanta, epoca in cui le lotte per i diritti civili diventano il leit motive radicale, a cominciare da divorzio e aborto. Rutelli è lì, in prima fila. E lo è anche negli anni Ottanta, quando diventa parlamentare. Attività intensa che lo porta a essere uno dei protagonisti nella battaglia a favore della procreazione assistita. Il 29 dicembre 1988, infatti, alla Camera risuonano parole pesanti contro il «più retrivo proibizionismo con la pretesa di trasferire nella legislazione dello Stato quanto previsto dalla teologia morale cattolica e codificato nel diritto canonico». È il deputato radicale Massimo Teodori a pronunciarle mentre presenta una proposta di legge sull’inseminazione artificiale. Spicca tra i firmatari del documento un nome: Rutelli Francesco.
Ma già negli anni ’90 la sua formazione antiproibizionista e referendaria comincia ad appannarsi. Deve curare l’immagine.

I passi sono rapidi: ministro nel governo Ciampi, poi sindaco di Roma infine candidato premier. E molti a sinistra non lo riconoscono più, tanto da criticarlo («è diventato proibizionista») per la sua nuova posizione sulla droga. Ieri l’ultimo passo, da antireferendario.

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