La Quercia «ritarda» i dati ma resta inchiodata al 17%

Massimilano Scafi

da Roma

Sotto il 20 per cento, sotto di un seggio al Senato rispetto alla Cdl. Eppure Piero Fassino, a notte fonda, spunta in sala stampa e alza i pugni. «Abbiamo vinto le elezioni, abbiamo la maggioranza per governare». Sono le 2,45 e mancano ancora 35 sezioni da scrutinare. Ma il segretario della Quercia batte sul tempo Romano Prodi e mette il cappello sulla conquista di Montecitorio. L’Unione la spunta per lo 0,07 per cento, ma tanto basta: «I dati - ripete Fassino -, che sono ormai completati, ci indicano che il centrosinistra avrà i 340 parlamentari alla Camera e che quindi ha vinto le elezioni. È stata una vittoria sofferta e utile, ringraziamo gli italiani. La legge elettorale ha accentuato le divisioni, noi però adesso governeremo e lo faremo a nome di tutti gli italiani».
Al Botteghino, nell’altalena delle cifre, una giornata di tensione e molto ottimismo forzato. Alle sei di pomeriggio Vannino Chiti sembra sicuro: «Nessun pareggio, nessun marchingegno. Da quanto sta emergendo, abbiamo la maggioranza in entrambe le Camere. Il centrosinistra ha vinto le elezioni e guiderà l’Italia». Un paio d’ore dopo Luciano Violante invita alla prudenza: «Le proiezioni ballano, aspettiamo i dati veri». E alle nove Pierluigi Bersani comincia a delineare lo scenario peggiore: «Se la governabilità non dovesse essere garantita, si tornerà a votare. Grande coalizione? Impossibile».
Appesi agli 0,5 per cento, aggrappati alle ondivaghe indicazioni che arrivano dalla periferia. Cade la trincera del Lazio, tiene quella della Campania, ma il Senato scivola verso il centrodestra. Antonello Cabras invita «a vigilare e a controllare tutti le schede contestate, perché si può vincere pure con un solo voto». Situazione difficile, scabrosa. E per la prima volta nella storia, la collaudata macchina elettorale dei Ds va in tilt. Prima un blocco telematico, poi forse anche un pizzico di prudenza politica, fatto sta che i numeri non arrivano. «C’è un afflusso lento dalle sedi scelte come campione», è la spiegazione. La lotta è all’ultimo voto. «Anche con due seggi in più si può governare», spiega Violante. Ma due seggi in più, ci sono?
La doccia scozzese va avanti per diverse ore, con una sola certezza, la deludente percentuale della Quercia. «Il non entusiasmante risultato - dice Gavino Angius - è il frutto anche di una nostra scelta. Non è un punto in più o in meno al nostro partito che toglie validità alla politica di investire generosamente nel progetto dell’Ulivo». Quello che conta, aggiunge Marina Sereni, responsabile dell’organizzazione, «è la vittoria dell’Unione». «L’Ulivo - si consola Giovanna Melandri - è il primo partito del Paese, il baricentro democratico dell’Unione». Violante si spinge a guardare in avanti: «Il gruppo unitario in Parlamento si farà nell’arco di un mese, un mese e mezzo. È chiaro che la vittoria del centrosinistra spianerà la strada alla nascita del Partito democratico».
E alla vittoria i Ds ci credono per tutta la notte. Il primo a sbilanciarsi è Massimo D’Alema, che già alle tre e mezzo di pomeriggio parla di «un trionfo storico». Un concetto poi ammorbidito in serata: «C’è uno spostamento reale di voti verso il centrosinistra perché l’alta affluenza dimostra che gli elettori di centrodestra sono andati alle urne».

Ottimismo rilanciato da Bersani: «Tutte le cifre fin qui arrivate, siano exit poll, proiezioni o dati del Viminale, ci dicono che siamo avanti. E lo siamo anche al Senato dove rispetto alla Camera siamo più in difficoltà perché questa legge è stata fatta proprio per danneggiare noi».

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