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(...) convenientemente a Machiavelli, Guicciardini, Leopardi e Gramsci, un articolo su Repubblica: «Un Paese danneggiato». Naturalmente da Berlusconi. In omaggio all’amico Ruffolo si attribuisce il broglio elettorale di votare anche per lui, morto da poco. Un doppio voto, quindi, contro Berlusconi. Praticamente non riesco a capire come Ruffolo potrà votare due volte, o far valere per due il suo voto. Ma ne capisco lo spirito. Meno gli argomenti, forse involontariamente offensivi, ma offensivi. Irrimediabilmente e per equivoco concettuale rispetto allo spirito della democrazia. In avversione alla Lega, infatti, Ruffolo scrive: «Intanto, nelle zone più ignoranti e retrive del Paese si affermava un movimento secessionistico nutrito di rancori paesani e di una mitologia di cartapesta. In nessun Paese civile sarebbero stati tollerati gli oltraggi osceni rivolti da quello ai simboli dell’unità nazionale». Capisco tutto, e posso perfino condividere. Ma quali sarebbero le zone più ignoranti e retrive del Paese? Sondrio, forse? Bergamo, forse? Varese, forse? Milano, forse? Vicenza, forse? Treviso, forse? Sono alcune delle città in cui la Lega ha avuto vasti consensi e, in passato, quando non anche oggi, governa in amministrazioni che non mi sembrano né ignoranti né retrive con il consenso democratico di cittadini che le hanno votate. Tutti i lombardi, per esempio, hanno un assessore all’identità e alla cultura, professore universitario talvolta dileggiato su l’Unità, che si chiama Ettore Adalberto Albertoni, che è apprezzato e che ha fatto buone cose, finanziando importanti restauri e mostre con spirito più civile di molti democristiani e socialisti, anche vecchi amici di Ruffolo che, come alcuni ricorderanno, è stato ministro nei governi di Craxi e di Andreotti nella gloriosa Prima Repubblica, non sempre rappresentata da personalità più eminenti di Albertoni. Ma, ancor peggio, si osservi, Ruffolo non parla esplicitamente della Lega o di suoi esponenti da lui riprovati come Calderoli, ma delle «zone più ignoranti e retrive del Paese». Vengo ora da Tirano con il bellissimo santuario della Madonna, ai confini con la Svizzera, mi pare un paese civilissimo, ben conservato. Ho incontrato cittadini e un parroco di grande sensibilità. Così come a Bianzone e a Teglio. A Como ho visitato la mostra di Magritte con un assessore di Forza Italia, Sergio Gaddi. Non mi sembrava di essere in zone ignoranti e retrive. Parlavo con persone normali ed educate. Ho pranzato in un ristorante civilissimo (non escludo che il proprietario possa avere perfino votato Lega), «Il gatto nero» e l’ho trovato insolitamente non superstizioso, come tipico delle genti ignoranti e retrive. Non so dunque a chi si riferisca Ruffolo, ma so che se fossi lombardo mi offenderei. Certo il sindaco di Sondrio, la signora Bianca Bianchini, coltiva la folle idea di spostare dalla bellissima piazza principale il monumento a Garibaldi col disprezzo della storia e dell’eleganza della piazza che, non avendone alcun bisogno, dovrebbe essere stravolta dal progetto dei due architetti Riva e Grattirola. Non so di che partito sia la signora ma so che tutti i cittadini, non ignoranti e non retrivi, sono contrari. Forse Ruffolo si è sbagliato. Ma nessuno lo ha rimproverato o gli ha chiesto di scusarsi, né della destra, né della sinistra.
Allarmanti sono anche i segnali che vengono da una donna illustre, incredibilmente candidata nelle liste di Di Pietro, pur avendo tutta la vita visto i giudici e la polizia con qualche sospetto: Franca Rame. Lamentando di essere stata ignorata sul settimanale Venerdì in un articolo sulle donne candidate alle prossime elezioni, ci offre una singolare interpretazione della colpevole dimenticanza. E se noi possiamo capire le sue ragioni, gli argomenti che propone non mancano di inquietarci. E non perché non siano legittimi in salotto radical chic, tra ironie e paradossi, ma perché sembrano espressi con assoluta convinzione. Naturalmente mi scuso se la futura senatrice dovesse spiegarmi (ma nel doverlo spiegare ci sarebbe un limite grave al genere) di aver voluto affrontare il disagio in una chiave comica, per fedeltà alla sua tradizionale professione. In verità sembra seria quando scrive. «O c’è qualcuno che vorrebbe mettere in dubbio che io sia una donna» ovvio che no, avendo patito anche l’intollerabile sfregio di uno stupro. E quindi Franca Rame si inoltra in ulteriori considerazioni «e tra l’altro, se in barba alle vostre oscure previsioni di ineleggibilità garantita - scrive in una lettera al giornale - dovessi farcela, credo che sarei l’unica bisnonna senatrice. E mi batterò non solo per i diritti delle donne e le quote rosa... ma anche per un maggior rispetto per le bisnonne, categoria sociale poco considerata e poco rappresentata in Parlamento». Avete letto bene. Bisnonne. «Vi prego di meditare su quanto questo ostracismo nei miei riguardi sia ingiusto e irrazionale. Sì, irrazionale in quanto non mi risulta che in tutta la storia dell’Umanità una sola bisnonna sia mai stata inquisita per corruzione, abbia mai dichiarato una guerra, organizzato atti di terrorismo, condannato a morte etc». Può darsi, ma verrebbe da pensare che non sia per difetto assoluto di propensione, ma per limiti di età, così come si può pensare per la limitata rappresentanza di «bisnonne» in Parlamento.

Ecco, se questi sono i ragionamenti e le concezioni della politica di due importanti rappresentanti dell’Unione, comincio a preoccuparmi.
Vittorio Sgarbi

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