Quindici anni fa Serena subì la stessa ingiustizia

Caro Massimiliano, come voi ho seguito con il cuore gonfio di rabbia la vicenda di Maria, la cui tragica conclusione ad altro non servirà, che a far riflettere gli italiani, che in certa parte di Europa non è cambiato nulla rispetto ai tempi dei gulag: atrocità che vengono commesse nel buio, nell’anonimato, dove i più deboli sono costretti a vivere nel terrore, subendo torture fisiche e psicologiche.
Quel che avrei sperato diverso è stato l’epilogo della storia e l’atteggiamento del nostro governo, governo che naturalmente non ho votato, ma che, comunque, all’estero rappresenta anche me. Personaggi che si esaltano per la liberazione della Baraldini, che hanno ospitato e protetto individui come Ocalan, che una quindicina di anni fa furono però allo stesso modo inflessibili con una bambina di nome Serena. Era filippina e quelli della mia età forse ricorderanno la storia, io ho ancora la sua foto nel portafoglio; era stata adottata illegalmente da una famiglia nella quale si era però ben integrata.
Per tutelare la legalità fu strappata a quella famiglia e data ad un’altra, ma l’anno scorso, appena raggiunta la maggiore età, ha lasciato la «famiglia dello Stato» ed ha raggiunto quella che, da sempre, aveva nel cuore.


Maria è stata portata a Minsk, forse verrà torturata di nuovo o forse no, forse le faranno il lavaggio del cervello, ma il suo cuore è rimasto a Cogoleto, perché il cuore vince sempre, per quante cattiverie l’uomo si possa inventare. Non a caso, il nostro papa Benedetto XVI ha intitolato la sua enciclica «amore»
Brunella Maietta (Porto Venere)
P.S. Qualunque cosa fare per non dimenticare Maria, sarò con voi del «Giornale». Grazie.

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