Politica

Raccolta di firme in piazza per 200mila condannati a morte. Visoni e cincillà

Sabato e domenica in centinaia di piazze italiane la Lega antivivisezione mobilitata per una legge che abolisca una volte per tutte la carneficina nel nostro Paese. Dopo le battaglie passate, restano in attività ancora dieci allevamenti di visoni e cincillà, mandati a morte in vere e proprie camere a gas. «Un film horror»

Sabato e domenica in piazza, per salvare 200mila condannati a morte. Si tratta di cincillà e visoni, che ogni anno trovano una esecuzione tremenda nella decina di allevamenti ancora esistenti sul territorio italiano. La Lav, Lega antivivisezionista, chiede ora con forza una legge nazionale che vieti l'allevamento, la cattura e l'uccisione di animali per la produzione di pellicce, «una drammatica realtà che in Italia interessa ancora circa 200mila tra visoni e cincillà».
Nel week end saranno migliaia gli attivisti mobilitati in in centinaia di piazze per raccogliere firme a sostegno della proposta di legge già depositata in entrambe le Camere. Anni di campagne antipellicce - spiegano i responsabili della Lav - hanno portato alla chiusura degli allevamenti di volpi ma nel nostro Paese si allevano ancora visoni e risulta attivo anche un allevamento di cincillà: «In Italia l'allevamento di animali per la produzione di pellicce non ha mai rappresentato un'attività di particolare rilevanza economica e negli ultimi 40 anni ha registrato un continuo e inesorabile trend negativo. Nell'88 erano attivi 170 allevamenti con circa 500mila animali; nel 2003 si sono ridotti a 50, con circa 200mila animali; nel 2011 sono ufficialmente dieci gli allevamenti ancora attivi. Un numero che potrebbe sembrare irrilevante rispetto ai 7.200 allevamenti presenti nel resto d'Europa, ma che in realtà comporta la sofferenza e la morte di almeno 200mila animali l'anno».
L'85% della produzione mondiale di pellicce deriva da animali appositamente cresciuti e uccisi in allevamenti intensivi e dislocati prevalentemente in Europa (che detiene circa il 60% della produzione mondiale di pelli), ma anche in Cina (25%), Usa (poco più del 5%), Canada (4%) e Russia (3%). Un business che condanna a morte almeno 70 milioni d'animali ogni anno. Negli allevamenti di visoni si registra una mortalità del 20% per i cuccioli e fino al 5% per gli adulti entro un anno di vita: migliaia di visoni sono costretti a vivere reclusi in gabbie che misurano 36x70cm e alte 45, «una vita fatta di privazioni e sofferenza - sottolineano i promotori della campagna - che inizia nel mese di maggio con le prime nascite dei cuccioli e termina dopo 8 o 9 mesi, tra dicembre e gennaio, quando il cosiddetto «pelo invernale» è giunto a maturità e gli animali vengono uccisi per asfissia tramite inalazione di monossido di carbonio. Non è possibile assicurare che questo sistema di uccisione provochi una morte indolore, in quanto l'abbattimento avviene per opera dell'allevatore e non è possibile verificare che vengano adottati gli accorgimenti per risparmiare agli animali le sofferenze mentre sopraggiunge la morte». Per Simone Pavesi, responsabile della campagna antipellicce della Lav, «questi metodi di uccisione sembrano richiamare un film horror e invece sono la spietata realtà che gli acquirenti di pellicce cercano di ignorare. I capi con pellicce animali non sono un bene necessario e in Italia l'uccisione di animali senza necessità è un reato: ciononostante migliaia di animali da pelliccia sono uccisi senza necessità. Una contraddizione inaccettabile che richiede opportuni provvedimenti da parte del Parlamento.

Si tratta di un prodotto insostenibile sul piano etico, ma anche ambientale perché un recente studio indica la pelliccia come più inquinante rispetto ai tessuti vegetali e sintetici».

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