«Racconto la morte per capire la vita»

I latini hanno un concetto di morte radicalmente diverso da quello insito nell’animus germanico. E proprio tale differenza ha attratto Wim Wenders, che nel suo «Palermo shooting», ieri in anteprima a Palermo, con gli invitati delle grandi occasioni (il film è finanziato anche dalla Regione Siciliana) e le aspettative per quest’opera densamente filosofica, male accolta a Cannes, quindi alleggerita di 18 minuti, mostra una morte (Dennis Hopper) da abbracciare, per capire la vita... «È un film molto personale», spiega il regista, accompagnato da Giovanna Mezzogiorno (qui, restauratrice, che ha perso il compagno). «Per due volte ho guardato la morte negli occhi, per me punto di vista privilegiato, dal quale apprezzare l’esistenza. Una visione cristiana, che mi deriva da “Il settimo sigillo” di Bergman, la cui fine, contemporanea a quella di Antonioni, mi colpì molto, mentre giravo». E se in «Palermo shooting» l’esperienza del trascendente è sullo sfondo, quella immanente della distruzione postbellica lega, per Wenders, Palermo alla natia Düsseldorf.

«Quarant’anni fa vidi Palermo, appena uscita dalla seconda guerra mondiale e quelle immagini forti mi son rimaste nel cuore», rievoca Wim, che ha girato scene al mercato di Ballarò, ai Quattro Canti, tra Villa Garibaldi e Porta Felice, firmando una dichiarazione d’amore per la città.

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