Le radici del futuro, splendido catalogo

Le radici del futuro, splendido catalogo

C’erano tutti i «maggiorenti» della Banca Carige, alla presentazione dei cinquant’anni de «La Casana». Il presidente Carige Giovanni Berneschi che ha anche fatto il punto (lui espertissimo banchiere) sulla grande crisi economica e finanziaria del momento («Siamo sereni - ha detto - anche se i rischi sono concreti. Non c’è stato forse un adeguato controllo da parte degli organi di vigilanza»), il presidente della Fondazione cavalier Flavio Repetto, il vice presidente Scajola. «Puntiamo sullo sviluppo locale - ha ribadito Repetto - e quindi cambierà un poco la strategia della nostra Fondazione. Dobbiamo pensare allo sviluppo prima di ogni altra cosa, vogliamo valorizzare tutto quello che può fare impulso in prospettiva ed è premessa per creare nuove attività, dalle infrastrutture, alla sanità, al sociale».
Molto soddisfatto e complimentato è stato anche il curatore del catalogo della Mostra, Mauro Bocci: un lungo, intenso, capillare lavoro di ricerca per raccontare, fra immagini e commenti, cinquant’anni di storia che non riguardava solo la Carige, ma anche e soprattutto la città, nei suoi risvolti più significativi (sociali, economici, culturali) che la rivista ha accompagnato e commentato in questi dieci lustri.
I relatori hanno sottolineato come la «Casana» è riuscita a ritagliarsi uno spazio molto consistente nello scenario dell’editoria aziendale. Come ha sottolineato il direttore Nino Gotta (e come leggerete qui a fianco in un suo intervento) il senso, la forma della «Mostra del Cinquantenario» è questo: una rievocazione, un richiamo mnemonico, un dato emozionale, un riferimento agli scomparti narrativi che la rivista ha avuto il merito di proporre ad un vasto ed eterogeneo pubblico, anche fuori dai confini nazionali, per una storia che scorre piacevolmente da 50 anni sulle lettere tipografiche.


Da oggi (e fino a novembre) si potranno gustare oltre le copertine de «La Casana», anche le opere più significative di grandi pittori, basti pensare al Magnasco e soprattutto al «Grechetto», la cui opera non era mai stata messa in pubblico. E grazie alla disponibilità di un collezionista privato e genovese si è potuto averlo. Sarà un momento di grande emozione per chi ama la grande pittura italiana.

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