Cronaca locale

Il ragazzo troppo irrequieto ora potrà tornare in classe

Un medico collaborerà con i docenti per il reinserimento

Gioia Locati

Pace fatta. Nel rispetto di Gianluca. Si conclude con un lieto fine (in termini tecnici con un accordo extragiudiziale) la storia del ragazzino di prima media sospeso dalla scuola perché troppo irrequieto e ingestibile. Il magistrato della prima sezione civile del tribunale che avrebbe dovuto giudicare il caso con provvedimento urgente, ieri mattina, non ha pronunciato alcuna sentenza. Gli avvocati della famiglia e dell’avvocatura di Stato (in rappresentanza della media «Rinascita») hanno accettato la conciliazione.
«Mi auguro di non dover mai esprimere una sentenza su un caso come questo, così delicato e che riguarda un ragazzino di 12 anni - ha detto il magistrato Stefano Rosa - spero che si tratti di un accordo duraturo». È stato il legale dei genitori, Attilio Piras, a sintetizzarlo: «C’è un medico curante di Gianluca, il dottor Luigi Morgese, che sta già seguendo il ragazzo con una psicoterapia senza farmaci. Questo dottore farà parte del gruppo di esperti incaricati del reinserimento dell’alunno a scuola. Insieme con lui, gli insegnanti di sostegno e il consiglio di classe. Il giudice ha preso atto della buona disponibilità delle parti e fissato una nuova udienza il 5 maggio che, se tutto procede per il verso giusto, sarà solo un incontro formale». Il 6 maggio, dunque, Gianluca potrebbe tornare a scuola.
Soddisfatto anche il preside Pietro Calascibetta: «C’è un fatto nuovo: è stato presentato il consulente medico che assisterà la famiglia e ci darà una mano nella programmazione del lavoro. Era quello che chiedeva la scuola. A questo punto la sospensione dell’alunno decade, del resto non ha mai avuto il significato dell’espulsione, l’abbiamo rinnovata quattro volte (e per altrettante volte riunito il consiglio) proprio come richiesta d’aiuto: ovvero chiedere la collaborazione della famiglia». Il dirigente scolastico è consapevole che l’irrequietezza di Gianluca non potrà sparire di colpo, i risultati potranno vedersi tra un anno: «Quello che ci spaventava non erano i rischi, una scuola ne corre tutti i giorni, ma la non-collaborazione con i genitori». Calascibetta preferisce non toccare la questione del metodo di lavoro individuale contrapposto a quello in classe: «Ci confronteremo da professionisti, noi insegnanti da una parte e il medico dall’altra. I professori hanno responsabilità civili e penali nei confronti degli alunni, questo vuol dire che se alla fine del triennio un ragazzino esce con lo stesso bagaglio culturale e di maturità di quando è arrivato vuol dire che gli abbiamo mancato di rispetto. Inserire un allievo in una classe non vuol dire sistemarlo in un’aula fisicamente ma dargli gli strumenti che gli permettano di integrarsi sul serio, di raggiungere i risultati dei compagni.

Altrimenti è pietismo».

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