Si dice che le grandi collezioni rispecchino la personalità del collezionista. E di certo è vero. Anche la raccolta di opere scelte e acquistate da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo nel corso di trent'anni e oggi in mostra a Palazzo Strozzi a Firenze non fa eccezione. Lei stessa riconosce che si tratta prima di tutto di una collezione generazionale, costituita da artisti con i quali è cresciuta e si è confrontata nel tempo; e da opere con cui ha discusso e condiviso gli stessi temi che di volta in volta affrontavano: la situazione politica, le battaglie civili, i rivolgimenti sociali. Eppure... tanto Patrizia Sandretto Re Rebaudengo appare algida, «torinese», riservata, understated, sempre un passo indietro, tanto la sua collezione ti si getta davanti, ti investe, colorata, fragorosa, scorretta, irriverente.
Un buon motivo per visitarla.
Titolo della mostra: Reaching for the Stars (aperta fino al 18 giugno). Curatore: Arturo Galansino (che con Patrizia Sandretto ha dovuto scegliere 70 opere da esporre fra le quasi mille delle sua collezione personale, che non coincide se non per pochi pezzi con quella esposta alla Fondazione Sandretto che nel 1995 aprì a Torino). Percorso: l'intero Palazzo Strozzi, dalle otto sale del piano nobile allo spazio espositivo ricavato nelle antiche cantine della Strozzina dove scorre la videoarte (fra cui la celebre videoinstallazione di Douglas Gordon e Philippe Parreno dedicata al calciatore Zinédine Zidane e il «concerto» The End di Ragnar Kjartansson) fino al cortile rinascimentale, che in realtà segna l'inizio della mostra, occupato dall'enorme installazione di Goshka Macuga, Go/no Go, un razzo alto 15 metri realizzato appositamente per l'evento fiorentino e che poi andrà nella nuova sede della Fondazione Sandretto sull'isola di San Giacomo a Venezia.
Meno 321: accensione. Reaching for the Stars. Le stelle dell'arte in mostra sono 53, di cui 21 donne, provenienti da venti Paesi (in entrata c'è un grande pannello con una mappa interattiva che evidenzia da dove arrivano gli artisti della collezione Sandretto: soprattutto Stati Uniti, e poi il resto del mondo, Filippine, Africa, Russia...). Il filo conduttore? Uno, molto robusto. Le opere che via via sono entrate nella collezione di Patrizia Sandretto sono quelle che nel momento in cui sono state acquistate captavano qualcosa di cui si sarebbe parlato nel futuro, e oggi - che il futuro è arrivato - ci servono a capire il passato. Che poi è ciò che deve fare l'arte contemporanea («Parlando con le opere dei miei artisti capisco cosa sta accadendo nel mondo»). Ed ecco qui allora - facciamo tre esempi - le foto di Shirin Neshat «Faceless», della serie Women of Allah sulle condizione delle donne in Iran, che Patrizia Sandretto acquistò nel 1994. O il video Thaw (2001) con cui Doug Aitken, nel 2001, oltre vent'anni fa, denunciava i pericoli del cambiamento climatico. Oppure l'inquietante installazione dell'americano di Pennsylvania Josh Kline - una delle cose più belle in mostra - che parla di disoccupazione: due corpi a grandezza naturale, riprodotti in 3D fin nei minimi particolari prendendo a modello persone vere che hanno perso il lavoro, rannicchiati nel cellophane. Parlando, nel 2016, di reddito di cittadinanza.
Per il resto Reaching for the Stars è (anche) un osservatorio trasversale e crossmediale sulle tendenze artistiche del nostro tempo. Ci sono artistar come Maurizio Cattelan, Cindy Sherman, Damien Hirst, Lara Favaretto, William Kentridge, Berlinde De Bruyckere, Sarah Lucas, Lynette Yiadom-Boakye. E sezioni crono-tematiche dedicate ai «temi forti» della cultura impegnata: l'identità, il corpo, l'alienazione, le mitologie del presente. Il viaggio fra le stelle si apre con il primo pezzo acquistato dalla collezionista torinese - un «punto rosso» di Anish Kapoor - cui seguono due nature morte di Damien Hirst e l'opera di Sarah Lucas Love Me, primissimi anni Novanta, quando i «Young British Artists» erano il meglio che ci fosse in circolazione; e si conclude, nelle «cantine», con una sala «sacra» - almeno per noi giornalisti - che contiene l'opera di Hans-Peter Feldmann dal titolo 9/12 Front Page: appese alle pareti sfilano 147 prime pagine di quotidiani di tutto il mondo del 12 settembre 2001 con la notizia dell'attacco alle Torri Gemelle, evento spartiacque della storia mondiale. I giornali sono americani, progressisti, conservatori, europei - tedeschi, spagnoli, italiani... - asiatici, giapponesi, cinesi, indiani, filippini, australiani, popolari, economici, politici... Stessa notizia, stessa potenza iconica delle foto, ma reazioni molto differenti. Domanda: qual è il rapporto tra la realtà e la sua rappresentazione?
Il palazzo fiorentino è antico, l'arte della collezione è contemporanea: in mezzo c'è il presente dello spettatore. Situazione straniante. Ma carica di energia.
Opere che ci sentiamo di segnalare. Quelle della sala «Made in Italy» con tre pezzi di Maurizio Cattelan (tra cui se stesso impiccato a un appendiabito e il minuscolo scoiattolo suicida, là nell'angolo...). Le enormi diapositive in light box del canadese Jeff Wall.
E - per concludere il viaggio - un meraviglioso cielo notturno punteggiato di stelle del tedesco Thomas Ruff che Patrizia Sandretto tiene appeso nella sua camera da letto. È la prima cose che vede appena sveglia ogni mattina. Titolo: Star.
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