La Rai cicala non batte la formica Mediaset

Eppure non è bastato. Dopo quattro anni consecutivi, l’autunno televisivo l’ha vinto Canale 5. I due fuoriclasse mandati in onda da Raiuno a tre giorni di distanza non sono stati sufficienti a ribaltare il risultato costruito con operosità da formica - tanti, buoni ascolti messi in cascina giorno per giorno - da Canale 5. Certo, il vantaggio dell’ammiraglia Mediaset sull’avversaria è sceso allo 0.3 per cento (22.8 contro il 22.5 nel periodo 16 settembre - 29 novembre), mentre prima dell’inizio della settimana di fuoco era dello 0.6.
Dunque, recupero ma non rimonta. È stato «un tentativo solo formale» ha detto ieri al Giornale Piersilvio Berlusconi, costruito «grazie a due eventi singoli, privi o quasi di spot». In realtà, quei pochi che c’erano erano ben profumati. Ma il succo è un altro. E cioè che la Rai cicala ha tentato il rush sul filo di lana sparando la doppietta Celentano-Benigni, aprendo i cordoni della borsa per i cachet, ma comportandosi come una tv commerciale. A che cosa serve, sennò, piegare tutta l’immagine e le risorse dell’azienda per vincere un altro periodo di garanzia? Ha detto ieri un euforico Sandro Curzi, consigliere della Tv di Stato: «L’uno-due assestato dalla Rai alla concorrenza con Celentano e Benigni nel giro di una settimana conferma che, quando vuole e ce la mette tutta, il servizio pubblico è in grado di vedersela ad armi pari e di vincere con Mediaset sul piano degli ascolti». In realtà, come detto, la Rai ha vinto un paio di battaglie ma non la guerra. Quanto alla sua cifra di servizio pubblico, c’è qualcosa da rivedere.
Qualche settimana fa, quando La7 mandò in onda Il sergente di Marco Paolini eliminando gli spot, molti commentatori, tra i quali il nostro Roberto Levi, scrissero che quella era un’operazione che avrebbe dovuto fare la Rai e che La7 aveva offerto una vera lezione da servizio pubblico. Ora la doppietta Celentano-Benigni è stata venduta come un unico kit anti-Canale 5. In realtà, un’operazione ibrida. Dal punto di vista della comunicazione e dell’immagine, una sorta di minotauro. Come del resto è e rimane la Rai, finanziata dalla pubblicità e dal canone. Invece i distinguo sono tanti e necessari. Il Molleggiato è andato su Raiuno per promuovere il suo disco e, solo indirettamente, ha rischiato di fare un favore all’ex nemico Del Noce. A differenza di Roberto Benigni che è stato protagonista di una performance di grande qualità, questa sì da servizio pubblico: appassionare dieci milioni di telespettatori con una lectura Dantis. Anche i suoi detrattori, a cominciare dal professor Sermonti, dovranno mettersi il cuore in pace. Dopo aver seguito Benigni nel suo viaggio all’Inferno non si può concordare con loro. Non è vero, infatti, che il pubblico che lo ascolta esce dai suoi spettacoli uguale a come è entrato. E l’altra sera se n’è avuta la conferma anche davanti alla tv.
Fin qui le differenze. I tratti che avvicinano le due serate sono invece nel comune sbilanciamento antiberlusconiano.

Se ai politici di sinistra Benigni ha riservato qualche buffetto, contro Berlusconi ha sfoderato qualche bordata di troppo, come quella su Bondi «falso come i bilanci delle sue aziende». Chissà in quale girone Dante metterebbe Benignaccio...

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