Ranieri sogna la stella: «Ma non speriamo che loro ci sottovalutino»

Totti in campo a far coppia con Vucinic, Burdisso terzino a sostituire lo squalificato Cassetti e Juan-Mexes coppia centrale, il ritorno di Pizarro titolare. La Roma anti-Inter a caccia della decima Coppa Italia e della stella d’argento sulle maglie è praticamente fatta. Anche la voglia è quella giusta, anche se la vera fatica del tecnico Claudio Ranieri è tenere i suoi lontani dalle polemiche che infuriano in città dopo la domenica del biscotto e dalle insidie di una partita che proprio l’ossessiva triangolazione Roma-Lazio-Inter ha trasformato in un match ad altissimo rischio.
Ma di tutto ciò Ranieri non vuole parlare. Preferisce parlare di una partita che gli offre la possibilità di tornare a vincere un trofeo in Italia 14 anni dopo la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana conquistate con la Fiorentina. Manifesta grande rispetto nei confronti degli avversari («siamo contenti e orgogliosi di poter affrontare una squadra così»), non crede nella possibilità che i nerazzurri sottovalutino l’impegno («faranno di tutto per vincere, come noi»), ammette di avere archiviato per qualche giorno il capitolo-campionato («il libro-scudetto lo riapro giovedì mattina»), ritiene giusto che la finale di Coppa Italia si giochi nella capitale «come succede in Inghilterra».
Ne ha già vinte due da terzo portiere, potrebbe il primo trofeo da titolare per Julio Sergio, che appare motivatissimo: «Ho aspettato tanto, ora mi voglio godere ogni partita». Il portiere brasiliano sta imparando a familiarizzare con il modo tutto particolare in cui è vissuto il calcio in questa città: «A Roma c’è un livello altissimo di competizione, il più alto che abbia visto. In Brasile c’è rivalità, ma solo quando giochi uno contro l’altro».

Chiaro il riferimento a Lazio-Inter di domenica scorsa: «Ma io non ho niente da dire. Ha vinto l’Inter, punto». E Luca Toni fa una chiamata alle armi (quelle metafiroche del tifo, s’intende): «Cerchiamo di portare a casa la Coppa Italia, non mancate!». Non ce n’era bisogno...

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