Un professore americano a Nablus, due dottoresse francesi di Medici nel mondo e uno svizzero della Croce rossa a Gaza. Ma anche cinque rappresentanti della stampa - due giornalisti sud-coreani, uno iraniano, e due francesi, una reporter di Elle e un fotografo - e tanti altri senza un nome e senza una nazionalità precisa. Tutti sequestrati, rapiti e minacciati di morte per rappresaglia contro lincursione israeliana nel carcere di Gerico. Qualcuno è già stato liberato, ma, di fatto, unaltra caccia allo straniero è cominciata. Archiviate le vignette danesi accusate doltraggio al profeta, ora è la cospirazione «israelo-anglo-americana» a tener banco. E così, mentre lFplp minaccia di attaccare ambasciate e consolati, i governi occidentali e il nostro ministero degli Esteri ordinano lo sgombero immediato. Lesodo, che ha visto luscita dai territori di dieci cooperanti italiani, ha portato alla chiusura del valico di Rafah abbandonato per precauzione dai carabinieri e dai loro colleghi inglesi.
Poco importa che Stati Uniti e Gran Bretagna abbiano segnalato da mesi allAutorità nazionale palestinese (Anp) lanarchia del carcere di Gerico e limpossibilità di garantire il rispetto degli accordi. Poco importa che quella prigione fosse diventata un circolo ricreativo dove Ahmed Saadat e i suoi compagni di prigionia entravano e uscivano dalle celle, coordinavano al telefono lattività delle proprie organizzazioni e incontravano collaboratori e luogotenenti. Ora, nonostante lultimatum del 7 marzo scorso con cui Londra e Washington minacciavano il ritiro degli osservatori da Gerico, il presidente palestinese Abu Mazen e il segretario della Lega Araba, legiziano Amr Moussa, denunciano un complotto anglo-americano per consegnare Saadat a Israele.
«Sono responsabili per quel che succederà», dichiara Mazen, che interrompe un viaggio in Europa per tornare subito a Ramallah. «Lattacco alla prigione solleva molti interrogativi», gli fa eco Amr Moussa. Le due dichiarazioni finiscono con il legittimare la caccia allo straniero scattata nei territori palestinesi. Il primo obbiettivo è lufficio del British Council a Gaza, immediatamente circondato da militanti dellFplp. Gli impiegati hanno già abbandonato gli uffici. Gli aggressori scavalcano il muro di cinta, distruggono e incendiano le auto di servizio, danno lassalto alle finestre. Mentre la bandiera rossa dellFplp sventola sul pennone dellUnion Jack le prime fiamme avvolgono i piani inferiori. Quindici minuti dopo un acre fumo nero copre gli uffici in fiamme.
Stessa scena davanti a unorganizzazione americana, dove i miliziani dellFplp sparano in aria e minacciano tutti gli statunitensi. Le Brigate Martiri di Al Aqsa danno, intanto, due ore di tempo ad americani e inglesi per lasciare i territori palestinesi. Gruppi più frettolosi sono già al lavoro negli hotel e nei luoghi di ritrovo degli stranieri. In un albergo abbandonato dagli occidentali guerriglieri si rifanno su due giornalisti sud-coreani trascinati fuori dalla hall assieme agli interpreti e buttati sulle auto in attesa. Lintervento della polizia palestinese che spara sui rapitori senza fermarli mette ancora più a rischio la vita dei sequestrati. Poi è la volta delle due dottoresse francesi trascinate via dal loro ambulatorio. Tornano a casa in serata.
Un commando che fa irruzione nella scuola americana non trova insegnanti con il passaporto statunitense e prende in ostaggio due professori australiani che verranno rimessi in libertà due ore dopo. Il furore antioccidentale non risparmia neppure ledificio della Croce rossa. Dalla sede dellistituzione scompare Julien Grosclaude. Il quartier generale di Ginevra riceve una telefonata in cui Julien racconta di essere prigioniero. Dopo qualche ora è di nuovo libero. Catturati anche la giornalista francese, Caroline Laurent, e il suo fotografo Alfred Yaghobzadeh. Londata di sequestri contagia la Cisgiordania.
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