Il rapimento del giornalista, la feroce esecuzione dell'autista e dell'interprete

Il rapimento del giornalista, la feroce esecuzione dell'autista e dell'interprete

Kabul - Dadullah, l'uomo che faceva tremare ogni afghano, era praticamente sconosciuto in Italia fino a marzo, quando lo spietato mullah riuscì a rapire il giornalista italiano Daniele Mastrogiacomo, avventuratosi nei territori sotto il suo dominio. Un sequestro, il cui svolgimento e conclusione restano ancora pieni di domande prive di risposte.
L'inviato di Repubblica, ha raccontato lui stesso dopo il rilascio, si stava dirigendo in una zona non specificata dalla provincia di Helmand, nel Sud, per intervistare un comandante Taleban. La vettura, guidata dall'autista Saied Agha preso a Kandahar, su cui Mastrogiacomo viaggiava con l'interprete Adjmal Nashkabandi di Kabul, venne fermata subito fuori da Lashkargah, il capoluogo di Helmand. Il giornalista venne consegnato a uomini che facevano capo a Dadullah. Fra questi ce n'erano anche alcuni provenienti dal Pakistan, a conferma indiretta che le fila del sequestro, come della lotta dei Taleban in Afghanistan, corrono oltre confine.
Non è un mistero per nessuno che Dadullah, come il mullah Omar, andasse avanti e indietro dalla frontiera fra Afghanistan e Pakistan. La certezza dell'intervento di una mente più sofisticata di quella del mullah, più avvezzo alle armi che alle sottigliezze politiche, venne dalla prima richiesta: uno scambio tra Mastrogiacomo e "portavoce" dei Taleban, in nome della "libertà di stampa". Nelle due settimane di sequestro, le richieste mutarono, il numero di Taleban di cui venne chiesta la scarcerazione aumentò, uno dei primi nomi cadde, probabilmente davanti al rifiuto dello stesso prigioniero di lasciare le galere, per andare incontro a una sicura morte come "spia". Dadullah non era uno che perdonava.
L'autista di Mastrogiacomo venne sgozzato pochi giorni dopo il rapimento, era una "spia", dissero i Taleban. Fonti afghane, confermarono che l'uomo lavorava per i servizi segreti. L'inviato di Repubblica venne rilasciato il 19 marzo, in cambio della scarcerazione di cinque Taleban. Ma la vicenda non é finita lì. Il responsabile dell'ospedale di Emergency di Lashkargah, Rahmatullah Hanefi, che aveva fatto da mediatore nelle trattative, venne immediatamente arrestato dai servizi segreti. E' ancora in carcere, sospettato di collusione con i Taleban. Un'incriminazione formale dovrebbe essere formulata a giorni.
Nel frattempo, il giovane interprete è stato ucciso. L'8 aprile, Adjmal Nashkbandi, 23 anni, è stato sgozzato, perché il governo afghano non aveva soddisfatto le nuove richieste di Dadullah. Gli strascichi del sequestro continuano a farsi sentire pesanti. Emergency ha chiuso i tre ospedali e lasciato l'Afghanistan.

Il presidente afghano Hamid Karzai è sotto tiro dell'opposizione per aver ceduto ai Taleban. E i rapporti con l'Italia, malgrado la gratitudine del governo italiano per aver salvato la vita a Mastrogiacomo, si sono inevitabilmente raffreddati con la vicenda di Hanefi.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica