Rapinatrice per i debiti, arrestata una casalinga

Franco Sala - Operaia entra in banca e improvvisa una rapina contro la miseria. Ore 11 dell’altra mattina, la donna, 44 anni, passa davanti alla Banca Popolare di Sondrio, filiale di Varedo. L’agenzia di credito è in via Vittorio Emanuele. Pieno centro storico. E’ in sella al suo motorino, Maria, la chiameremo così, esasperata dai debiti, forse guidata dall’istinto prende un taglierino e mette a segno il colpo. La mano trema. Il tono della voce non è esattamente quello del criminale di razza. Anzi. A tratti si mostra impacciata, timorosa. In ogni caso ormai ha deciso. Va fino in fondo: minaccia il cassiere e si fa consegnare quattromila euro in banconote fruscianti. Le telecamere del sistema di videosorveglianza riprendono tutta la scena. E’ vestita come una massaia che gira il mercato per riempire la borsa della spesa. Con la preoccupazione di far quadrare il bilancio della quarta settimana. E' un pochino spettinata. Indossa maglietta rosa maniche corte, gonna marrone e borsetta a tracolla. Che ne sanno i bancari ed i clienti presenti che la “malvivente”, in realtà, è una povera disperata. Se solo qualcuno avesse alzato la voce la donna di casa, avrebbe battuto la ritirata. Nessuno fiata. La razzia fila liscia come l’olio. Neppure un imprevisto. Infila il denaro nella sportina ed esce dalla banca col malloppo. Cammina almeno duecento metri, si rimette in sella al cinquantino e sparisce. Scatta l’allarme. Arrivano i carabinieri. Dov’è il filmato? Eccolo. Per dirla tutta e subito, l’indagine non è di quelle che richiedono la mobilitazione dei migliori investigatori del reparto di Monza e neppure di quelli della compagnia di Desio. In ogni caso i militari dell’Arma fanno il loro dovere. Riescono ad assegnare un nome ed un cognome alla casalinga e partono. Abita a Cinisello Balsamo: alle cinque del pomeriggio la caricano sulla gazzella che parte verso la caserma di Varedo. Gli inquirenti la sentono: devono stilare il verbale. Pian piano viene a galla la figura di una donna squattrinata. “Non sapevo più come pagare il panettiere. Non avevo più soldi per saldare i conti dal salumiere e dal fruttivendolo”. Maria, lavora saltuariamente per un’impresa di pulizie. Alla fine del mese, quando le va di lusso riesce a mettere insieme 400, barra, 500 euro il mese. Pochi. Lei si accontenterebbe di chi sa godere delle cose normali. Di campare almeno dignitosamente. Le manca l’uno e l’altro. E in un desolato giorno di fine agosto si mette nei guai con la giustizia. Maria è mamma. Ha una figlia di 18 anni. “Non sapevo dove sbattere la testa per comprarle i libri scolastici. Mi sentivo umiliata. Avvilita. Ho visto quella banca e pensavo di poter risolvere i miei problemi. Chissà come mi è passato per la testa. Scusate”. Il maresciallo trascrive tutto, invia le carte in procura e spedisce Maria in una cella del carcere di Monza con l’accusa di rapina. Ora, resta da capire la nostra cervellotica e cavillosa giustizia, a volte tenera con i balordi veri, cosa riesce a combinare con la rapinatrice.

Lunedì sarà sentita dal Giudice per le Indagini Preliminari al quale spetterà decidere se tenerla in galera oppure mettersi una mano sulla coscienza. Si, rapinatrice. Per far studiare la sua ragazza, e poi… per comprarsi un pezzo di pane.

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