In principio era il Verbo. Era il 22 novembre 2001. Karol Wojtyla fece click sul tasto invio del suo pc portatile. Per la prima volta un documento pontificio, lesortazione apostolica Ecclesia in Oceania, fu promulgato via e-mail alle diocesi del mondo. Quel giorno la parola viaggia verso il virtuale. Sono passati quasi dieci anni e ieri il suo successore, Benedetto XVI, alla giornata mondiale delle comunicazioni sociali, ha fatto i conti con la rivoluzione della grande rete.
Non è strano che il Papa parli di «social network». Il Cristianesimo è parola, racconto, parabola, piazza, incontro. La sua forza, nei secoli, è la capacità di narrare la storia, unica e necessaria, di un Dio che si fa uomo. E questo è un discorso che va al di là della fede. Il web è un mezzo straordinario per raccontare. La parola allinizio si è accontentata del frammento, delle frasi spezzate, di un linguaggio spot e telegrafico, un discorso interrotto e spezzato ma di massa.
Non è stato facile orientarsi in questo mare. Non è semplice distinguere il vero dal falso. Le informazioni sono quasi infinite, i controlli random. Lultima rivoluzione è la piazza virtuale. Non una piazza grande come il globo, ma tante piccole piazzette che si incrociano, si spostano, si rimandano luna allaltra come un gioco di specchi esponenziali. Qui la parola è tutto. È carne. È identità. Benedetto XVI riconosce che questa rivoluzione sta cambiando il nostro modo di pensare, di percepirci, la nostra weltanschauung, la visione del mondo. «Le nuove tecnologie non stanno cambiando solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa, per cui si può affermare che si è di fronte a una vasta trasformazione culturale. Con tale modo di diffondere informazioni e conoscere sta nascendo un nuovo modo di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione».
La piazza è comunione. È dialogo. È parola. Solo che qui, sul web, la faccia è indefinita. È appunto un avatar, una proiezione, qualcosa di meno artefatto di una maschera, ma che comunque resta rarefatta. È carne e anima. Ma in questa ambiguità rischia di superare il limite tra vero e falso. È verità e bugia. La domanda che i filosofi si pongono è quanto questa nuova dimensione sia umana. Lo è perché è un espressione delluomo, ma in qualche modo va oltre luomo. Il Papa entra in questa dimensione e fissa dei punti per orientarsi. Non è il Vangelo nellera di internet. Non è una questione di fede. È qualcosa con cui luomo si sta confrontando.
Cosa dice Ratzinger? Non mascheratevi. Non rinnegate il vostro avatar. Non create falsi profili. «Nella ricerca di condivisione, di amicizie, ci si trova di fronte alla sfida dellessere autentici, fedeli a se stessi, senza cedere allillusione di costruire artificialmente il proprio profilo pubblico». È Mefistofele in fondo che invita Faust a mascherarsi. È la perdita di se stessi il prezzo da pagare. Anche se poi tra i due quello più chiaro, quello che finge di meno, è proprio il povero diavolo. Mefistofele svela le sue intenzioni. Offre una merce e fissa il prezzo: lanima. Quello che alla fine cambia le carte in tavola, lingannatore, è il furbo Faust. La tentazione di Facebook o di Second Life è diventare altro da sé. È il sogno, o la maledizione, di vivere sotto unaltra identità. Il peccato non è la menzogna. Non è linganno, ma lalienazione.
È il rischio di vivere unaltra vita, di rinunciare a tutto, di sacrificare la carne per realizzarsi completamente come avatar. Qualcuno dirà che queste cose le persone «sane» non le fanno. Non è mica poi così scontato. Ci stiamo abituando allidea del verosimile. Limportante non è che la storia sia vera o falsa, ma che sia razionale o ben raccontata. Una storia è vera quando il narratore è bravo, quando ha successo, quando è un simbolo.
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