Stefano Zurlo
da Milano
Quando parla del signore di Unipol, di Giovanni Consorte usa solo unespressione, durissima: il «traditore». Cè stato un tempo in cui Giovanni Donigaglia era un uomo potente e rispettato nel mondo della cooperazione rossa: la sua impresa di costruzioni, la Coopcostruttori di Argenta (Ferrara), era la quarta dItalia. E occupava 2.500 persone.
Poi arrivò il diluvio: lazienda è collassata, i libri sono stati portati in tribunale e la grande ciambella di salvataggio, che Consorte aveva promesso, non è mai stata lanciata. Donigaglia ha taciuto per anni: ma adesso ha deciso di uscire allo scoperto e di raccontare la sua verità.
Donigaglia, cominciamo dal 1997.
«La mia Coopcostruttori era finita, ingiustamente, nelluragano di Tangentopoli. Un disastro. Un tracollo degli affari: pagavamo il collateralismo, il fatto di essere collegati organicamente al Pci-Pds. La magistratura procedeva col bisturi per tagliare il cordone ombelicale che ci univa al partito».
Come andare avanti?
«Fui convocato a Bologna, in via Stalingrado, nella sede dellUnipol».
Chi incontrò in via Stalingrado?
«Partecipai a quattro o cinque riunioni con Consorte e altri dirigenti di primo piano della Lega delle Coop: Egidio Checcoli, oggi presidente regionale della Lega, e Fabio Carpanelli».
Risultato?
«Consorte fu esplicito. Disse che ci avrebbe aiutato a uscire dal pantano. E questo in due modi: la Finec, finanziaria dellUnipol, avrebbe guidato un intervento di ristrutturazione finanziaria e organizzativa della Coopcostruttori. Inoltre la Unipol avrebbe comprato dalla Federcoop lAssicoop e il ricavato sarebbe andato a noi. Del resto noi eravamo parte delluniverso delle coop e lintervento sarebbe servito per tornare in carreggiata».
Prosegua.
«LAssicoop fu comprata, pare per 9 miliardi di lire, ma nelle nostre casse non arrivò un soldo».
Come mai?
«Non lo so. So che anche il piano di ristrutturazione saltò a metà. Abbiamo sbagliato a fidarci dei compagni».
Ma Consorte non le diede una spiegazione?
«Io da allora non lho più visto. Lui ci ha tradito, pensi che la Unipol non ci diede nemmeno più le garanzie fidejussorie sugli appalti in corso. Una situazione terribile: potevamo farcela e lui, dopo aver promesso un aiuto, si dileguò».
Questa era la posizione di Consorte, ma gli altri dirigenti?
«Eh no, Checcoli, Carpanelli e il Presidente nazionale della Lega Ivano Barberini presero una posizione diversa».
Vale a dire?
«Parteciparono a molte assemblee in cui in sostanza mi spronarono ad andare avanti e mi dissero che la Coopcostruttori sarebbe stata comunque aiutata».
Poi?
«Nel 2002 io scelsi due advisor di primordine: la Cofiri e lo studio Pirola e Gismondi di Roma. E tutti e due confermarono che la Coopcostruttori aveva buone chance. Le riserve tecniche non erano farlocche, il portafoglio cantieri superava il miliardo di euro ed era ben fornito».
La Coopcostruttori non era in coma?
«Il giudizio era chiaro. Potevamo evitare il naufragio se la Lega delle coop e quindi il partito che era stato allorigine dei nostri guai, ci avesse lanciato la ciambella».
Lei non aveva pensato di farsi da parte?
«Certo, ma i Checcoli, i Barberini, i Carpanelli insistevano: resisti».
Dunque?
«Nellaprile 2003 la Lega delle coop, improvvisamente, mi disse di andarmene. Deliberò in due sedute della direzione, il 13 e il 23 aprile, un intervento a sostegno della Coopcostruttori. E dunque sarebbero stati tecnici della Lega ad amministrare i soldi. Sacrosanto».
Lei si arrese?
«Io non ho mai fatto questioni personali. Ai primi di maggio mi dimisi. Consorte avrebbe dovuto pilotare il salvataggio. Invece».
Invece?
«Ancora una volta non si è fatto nulla. Consorte e Checcoli cambiarono ladvisor e spedirono in cooperativa i funzionari della Unipol e della Lega: così ci hanno fatto morire. Lazienda è andata in amministrazione controllata e per 2.500 famiglie è stata la fine. Mi hanno tradito. Ma nellesposto che ho consegnato alla Procura di Ferrara ho fornito due dati che smentiscono le analisi pessimistiche di Consorte e dei suoi tecnici: il margine operativo lordo della mia azienda era del 9 per cento, le riserve tecniche erano incassabili al 40 per cento. I dirigenti della Lega ci hanno abbandonato al nostro destino. Hanno fatto i loro calcoli e hanno capito che non gli conveniva darci una mano.
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