Ho lavorato per 18 anni come consulente in una delle big five, nel 2002 dopo le Torri Gemelle, gli scandali Enron, ecc... Ho vissuto la crisi vera (per me) senza lavoro da un giorno all'altro, senza sindacati e senza ammortizzatori, con un po' di soldi, quelli che mi ero guadagnato. Dopo quattro anno di lavori saltuari ho trovato qualcosa di soddisfacente, ma sempre a contratto.
Lavoro al massimo perché sono convinto che rallentare o fermarsi non conviene, ognuno nel suo piccolo può contribuire ad uscirne. Sono convinto che sia necessario a focalizzare l'attenzione sulla produzione di valore aggiunto. Poche chiacchiere, niente distrazioni e pedalare. Sento solo dire che c'è la crisi, ogni giorno! e sono un pò stufo. Ho capito, c'è la crisi: e allora?
Faccio la spesa come prima, consumo lo stesso carburante, vado al cinema come prima. Non ho mai esagerato né prima né adesso. Ho commissionato una cucina nuova e mia moglie vuole comperare una macchina nuova e ci sto pensando. Non possiamo mica smettere di vivere perché c'è la crisi! E poi sono covinto che a parte i soldi finti, quelli veri ci sono e chi li ha non può nasconderli ancora a lungo.....
Salvatore
(Roma)
Il momento attuale è veramente grave soprattutto per le piccole imprese e
soprattutto per gli autonomi come la mia azienda, anche se non dico nulla di nuovo
e di cose ne vorrei dire molte comincio a dire che in questi momenti sarebbe
necessario essere aiutati e soprattutto economicamente ed invece visto il calo
degli ordinativi e tavvolta revoche di ordini già acquisiti prima della crisi, si ci
mettono anche le banche che oltre a non darti un centisimo di più del dovuto ti
chiedono di rientrare dai fidi risultato disastro totale.
Vorrei capire il governo che io ho votato cosa sta facendo, praticamente nulla
parole tante e anche belle parole ma risultato zero.
Abbiamo dato appoggio alle banche anche se non ne era necessario perché solide
Cosi diceva il ministro Tremonti qualche giorno fa, si belle parole di incoraggiamento
Ma chi ci rimette siamo noi (chiusura dei crediti) e qui che dovrebbe intervenire
Sulle banche e bacchettarle a dovere.
Adesso come sempre siamo noi che dobbiamo tirarci fuori intanto gli impegni e
E le scadenze di pagamenti ci sono sempre e a quelli non ci si può tirarsi
indietro, si certo la cinghia la stiamo tirando ma siamo sempre noi
gli stessi o cittadini o artigiani che siano, in parole povere: "Aiutati che dio ti aiuta".
G.B.S. Impianti
Salvatore Graci
Mi chiamo Franco Ferretto e ho iniziato a lavorare come imprenditore artigiano il 25 aprile del 1980. Con mio fratello abbiamo costituito una società che aveva come oggetto la costruzione di piccoli mobili in stile per la casa. Contemporaneamente frequentavo l’ultimo anno di un istituto commerciale e, organizzando il mio tempo tra studio e lavoro, sono riuscito ad ottenere la maturità con il massimo dei voti (allora era 60/60). Il nostro stabilimento era un polveroso garage. La mattina si faceva uscire la 500, la si metteva in cortile e si cominciava a lavorare. A quel tempo nella nostra zona non passava la linea telefonica e quando c’era bisogno di contattare qualche cliente si andava al bar del paese. I mobiletti che assemblavamo erano esportati in Germania dagli esportatori che ce li commissionavano. Lavorando senza badare al fatto che fosse o meno domenica (è indicativo il fatto che il primo giorno di lavoro è stato per noi il 25 aprile), dopo un paio d’anni abbiamo deciso di costruire un piccolo capannone (250 m2) e questo ha costituito un grande passo avanti per le possibilità di sviluppare il lavoro (sempre tanto) che c’era da svolgere.
Nel 1982 il servizio militare ha costituito, per me, un anno da cancellare. Il fatto di veder passare le giornate recitando il ruolo di burattino in mano a esaltati nati solo per giocare alla guerra quando ci sarebbe stato un enorme bisogno della mia presenza per far fronte agli ordini di lavoro, mi ha causato qualche problema di salute dovuto all’ipertensione (che fortunatamente è sparito un po’ di tempo dopo il congedo).
Intanto avevamo assunto alcuni apprendisti. Tutti bravi ragazzi, seri ed impegnati, come oggi non se ne trova uno a coprirlo d’oro.
A quei tempi non si diceva ad un ragazzo “Trovati un lavoro” ma “Vai ad imparare un lavoro”. Era un momento di grandi possibilità per tutti quelli che avevano voglia di lavorare: in molti lasciavano la zappa per intraprendere un lavoro in proprio.
Nella nostra zona si andava delineando, capannone dopo capannone, il distretto del mobile in stile. Tutti costruivano mobili. Mobili belli e mobili che stavano insieme per scommessa. Mobili per la Francia, per la Germania, per il Giappone, per gli Stati Uniti, ma anche per tutte le zone d’Italia.
Ogni tanto si aveva notizia di qualcuno che prendeva una bidonata da qualche cliente che, al momento di onorare le scadenze, si rivelava scoperto in banca. Ogni tanto si aveva notizia di qualcuno che si tagliava un dito, chi una mano… ma si andava avanti e tutti si cercava di aprire nuove strade, trovare nuove soluzioni. I fabbricanti di macchine utensili interpellavano gli artigiani per capire quali macchinari fossero stati utili per migliorare la produzione.
L’evoluzione era continua.
Quella con mio fratello è sempre stata una piccola realtà produttiva. Forse certi episodi e certe scelte hanno frenato un’espansione che, potenzialmente, avrebbe potuto essere molto più importante. Ad inizio degli anni 90 siamo diventati i produttori (e creatori di modelli) di fiducia di una importante catena di negozi francese. Per loro abbiamo creato e reinventato lo stile Luigi Filippo e fino a metà degli anni 90 non c’è stato un attimo di respiro. La nostra piccola realtà (siamo arrivati ad un organico massimo di 15 persone) sfornava migliaia di mobili che prendevano la via della Francia.
Poi, la morte di un manager di questa catena francese ha cambiato tutto. Il suo posto è stato preso da persone di scarsa capacità che ha portato quella grande organizzazione a fare un grande buco. In un attimo più di 120 milioni di lire sono diventati per noi inesigibili.
Proprio in quei mesi stavamo costruendo un ampliamento del laboratorio con una spesa non indifferente. Col morale a terra ci siamo rimboccati le maniche e ci siamo dati da fare per recuperare il terreno perso. Per ottenere il finanziamento per costruire il laboratorio abbiamo ipotecato la casa ottenendo un mutuo di 7 anni. Abbiamo continuato a lavorare per mercati esteri. Dal nostro laboratorio non usciva un singolo pezzo che fosse “in nero” e mi ha sempre dato un enorme fastidio sentire i commenti e le allusioni di chi, avendo scelto di svolgere un lavoro dipendente, accusava alla leggera chi lavorava in proprio di essere degli evasori fiscali.
Oggi ho 47 anni, 3 figli e una moglie che, pur avendo sempre lavorato, non ha mai avuto un soldo per la maternità (non è forse discriminazione questa?) e, se dovessi calcolarmi un salario orario uguale in tutto e per tutto a quello di un normale operaio, moltiplicato per tutte le ore passate a lavorare, anche senza calcolare straordinario il lavoro di sabato e domenica, oggi potrei disporre di un capitale almeno doppio a quello che effettivamente sono riuscito ad accumulare con l’eterna spada di Damocle sopra la testa.
La spada di Damocle può essere rappresentata da infinite possibilità: un cliente che non ti paga, un infortunio di un tuo dipendente, una visita della finanza (che deve far cassa sempre e comunque), un adeguamento degli impianti, un macchinario da cambiare…
Comunque, eravamo rimasti al mutuo per costruire il laboratorio. Questo mutuo scadeva nel 2002. Ma un capannone non si può lasciare vuoto. Ecco allora il macchinario da più di 100 milioni in leasing, il muletto da 35, l’impianto di aspirazione da 60.
E poi arriva il settembre del 2001 che ci sorprende ancora pieni di debiti. Ora non serve più rimboccarsi le maniche. Ora il mercato non tira più. Ci si fa coraggio, si dice che passerà, ma diventa inevitabile il ridimensionamento del numero di addetti: si resta in 7, gran parte collaboratori famigliari.
Nel 2005, quando sembra esserci ancora un buon assorbimento da parte del mercato francese, ecco che ci viene imposto l’obbligo di adeguamento degli impianti di aspirazione e antincendio (entrambi con meno di 10 anni di vita). A causa di scarsa pressione dell’acquedotto, siamo costretti a costruire una imponente cisterna sotterranea dotata di una potente pompa che, in caso di incendio, assicuri la pressione necessaria agli idranti. Spesa totale: l’equivalente dell’utile d’esercizio di un anno di lavoro. In uno scenario lavorativo sempre più preoccupante, ci si rimbocca ancora le maniche (ormai giunte alle ascelle) e si va avanti. Il 2006 segna l’inizio dell’invasione cinese.
I mercatoni sono invasi dai mobili provenienti dalla Cina e dall’India. Prodotti privi di qualsiasi garanzia in fatto di materiali , vernici e collanti usati, con emissioni di formaldeide pazzeschi, ma che hanno il grande pregio di costare la metà di quelli prodotti qui da noi, in laboratori e con materiali dotati di tutte le certificazioni necessari per “essere in regola”. Si inizia a mettere in cassa integrazione i dipendenti per brevi periodi. Non ci sono commesse e quelle poche che ci sono vengono contese tra artigiani affamati di lavoro, per via di scadenze da onorare, a suon di ribassi di prezzo. Sembrano non risentire della crisi pochissime aziende. Sono quelle che si sono messe in concorrenza con i cinesi. Che usano gli stessi scadenti materiali, che fanno lavorare operai in nero.
Attenzione, però: contrariamente a quanto pensano quelli che ragionano per stereotipi, questa situazione non dispiace affatto agli operai. Si dice che l’evasione fiscale si annida nel lavoro autonomo perché uno che ha la busta paga non può evitare di pagare le tasse. Qui da noi, ormai da un po’, gli operai in cassa integrazione fanno il tifo per la crisi. Infatti, prendono i soldi della cassa integrazione e vanno a lavorare da queste aziende in nero, per 5, 6 euro all’ora. In questo modo si portano a casa sui 2.000 euro al mese. Queste aziende corsare (sono quelle che vendono i mobili ai vari mercatoni e catene di grandi negozi di mobili) sono ben contente di avvalersi di operai che già conoscono il mestiere e che pagano massimo 6 euro all’ora tutto compreso, riuscendo perciò, a praticare prezzi che per ditte come la mia sono impraticabili.
Ecco quello che accade: io pago il TFR, la tredicesima, le ferie, le visite mediche eccetera ai miei operai. Non riesco a stare dentro a certi prezzi. Non mi viene dato lavoro. Metto in cassa integrazione i miei operai. I miei operai vanno a lavorare per chi mi ha portato via il lavoro abbattendo i costi della manodopera.
Gli scenari attuali, al di là dell’andamento generale, sono leggermente migliorati. Ciò è dovuto al fatto che la crisi in molti casi non rende più possibile importare grandi quantitativi di merce dalla Cina. Essendoci una richiesta di molto inferiore alla quantità necessaria per ammortizzare i costi di trasporto, i rivenditori si rivolgono nuovamente alle aziende locali per la realizzazione di mobili che ancora sono assorbiti dal mercato.
È cambiato il modo di produrre. Fino a pochi anni fa si produceva ogni singolo articolo in serie di almeno 100 pezzi. Ora si è scesi a serie di soli 20 pezzi con costi e tempi molto più alti di prima (e di conseguenza con minori utili). I nuovi mercati che promettono un po’ di lavoro nel nostro settore, sono Russia e Paesei Arabi. Bisogna adattarsi alle loro esigenze.
Ma siamo in tanti cani ad azzannarci per un osso (ormai di polpa ce n’è rimasta gran poca).
Si studiano nuovi sbocchi, nuove soluzioni.
Da un po’ abbiamo iniziato a proporre i nostri prodotti su internet con due negozi, ma avere visibilità è una cosa molto difficile. Inoltre ci si scontra quotidianamente con la titubanza delle persone che temono di prendere qualche fregatura (a ragione, dato che i casi, sul web, sono numerosi). L’apprezzamento da parte dei clienti serviti è unanime, ma oramai costa molto anche la pubblicità on line.
Si lavora, si lavora, si lavora. In tempo di crisi, sembra un paradosso, un lavoratore autonomo lavora il doppio di quando c’è lavoro. Lavora per trovare una soluzione perché nessuno si batte e fa rumore per ottenere un sussidio per chi il lavoro l’ha perso. Perché non si concepisce il concetto che anche un lavoratore autonomo può restare senza lavoro e senza reddito?
Da più di tre anni, ormai, per la normale conduzione della famiglia ho iniziato ad intaccare i risparmi degli anni migliori in attesa che il vento torni a gonfiare le vele. Accadrà? Molto dipende dalla situazione generale. Ma, aspettando che ciò avvenga, non c’è nessuno che possa darci un aiuto concreto.
Resta solo una cosa: aiutarsi da sé spremendo al massimo tutte le capacità e potenzialità insite nella nostra mentalità di persone che sono condannate ad esporsi in prima persona per ottenere qualcosa. A noi niente è dovuto: aiutarsi da sé!
Franco Ferretto
Arteferretto di Ferretto Gianni e Franco
Complimenti per la vostra inziativa.
Sono un ingegnere edile, dopo anni di attività libera come professionista, decisi di aprire una piccola azienda di lattoneria. sono ormai vent'anni che in campania esiste Eurogronde, con meno di dieci dipendenti riusciamo a produrre ottimi oggetti di rame, acciao, lamiere preverniciate ed alluminio. Negli anni abbiamo formato molti giovani ed alcuni nostri dipendenti hanno creato aziende simili nel settore, promuovendo così il settore che conta numerose piccole e medie realtà in regione campania. certo c'è la crisi e si sente.
Ma come la stiamo fronteggiando? Riducendo gli sprechi, chiedendo ai (soci) dipendenti di collaborare e contribuire al contenimento delle spese. nel contempo cerco di mettere insieme tutti quelli che producono lattoneria per fare "sistema". Il mio sogno è di costituire una fondazione per rilanciare "l'antica lavorazione del rame" un mestiere bellissimo che è ormai scomparso: cappe, elementi decorativi, lampadari, prodotti in rame con semplici attrezzi, sono delle vere opere d'arte e novità: costano pure poco ed hanno un vasto mercato.
Ci riusciremo? Noi ci proviamo. Anche così si esce dalla crisi.
Ormai è inutile chiudere il recinto dopo che i buoi sono scappati. E' troppo tardi per chiedere alle istituzioni di aiutare gli imprenditori. Ormai togliendo quelli in età avanzata, togliendo quelli che sono stati perseguitati, tolgliendo quelli che sono andati all'estero a cercare fortuna per sopravvivere, ne sono rimasti ben pochi in Italia. Tra questi una grossa parte oramai boccheggia tirando la cinghia e risparmiando su tutto pur sapendo che non potrà mai farcela in queste condizioni proprio perché, quando era il momento di sostenere gli imprenditori, le istituzioni guardavano da un'altra parte. Anzi dal lato opposto. E siccome non c'e' piu' sordo di chi non vuol sentire questo e' il risultato.
Anche questa mattina mi sono alzato con il solito entusiasmo di affrontare la giornata con atteggiamento positivo. La lettura de il Sole 24Ore che riporta i chiarimenti alla circolare delle entrate 6/2009 mi ha fatto cadere in depressione. Mi domando che beneficio può avere il fisco da un provvedimento del genere rispetto ai costi che dovranno sostenere le aziende. Dobbiamo assolutamente liberarci da questa burocrazia borbonica. Purtroppo le associazioni di categoria dormono o, peggio ancora, vedono occasioni di business nell'aumento degli adempimenti.
Ringrazio anticipatamente e sarò breve e conciso.
Ho un'azienda di abbigliamento mare feminile con 20 dipendenti.
La concorrenza dei paesi soliti (Tunisia, Cina, ecc) è catastrofica.
La mia produzione è esclusivamente made in Italy.
La produzione è sempre più stagionale e devo ricorrere alla cassa integrazione.
Sento molti annunci di sostegno alla piccola e media impresa.
Ma vengo al dunque: prevedo 4/5 mesi di cassa integrazione.
In tale periodo il TFR matura comunque e in più si versa circa il 4% all'INPS per le retribuzioni di cassa integrazione
Produco per 7 mesi con il costo del TFR per 12 mesi.
In conclusione, Il periodo di produzione si accorcia i costi aumentano.
Domanda:
Dove sono gli aiuti alla piccola e media impresa?
Sono l'amministratore unico della ECC, una società che si occupa di
servizi di telemarketing e di teleselling che opera sul territorio
italiano. Questa crisi, si è abbattuta sul sistema dei rapporti tra la
mia azienda e le banche come un fulmine a ciel sereno creando non poche
difficoltà nella gestione delle liquidità per le spese ordinarie.
Posso affermare tranquillamente, che gli effetti dell' opera del Governo
non si sono mai fatti vedere o sentire, perché un conto sono le macro
gestioni, e un conto quelle ordinarie, spesso soggette agli umori dei
responsabili di aree ( più preparati a preservare la poltrona che a
gestire una crisi ).
Per uscire da questa crisi ho messo in atto le seguenti azioni:
1. aumentare il personale dipendente: in un momento di crisi ho più
possibilità di scelta
2. aumentare gli investimenti infrastrutturali: l'azienda aumenta la
capacità produttiva e il suo valore risparmiando qualcosa grazie
all'abbassamento dei tassi di interesse
3. aumento dei controlli di qualità: per offrire un servizio al top
delle richieste di mercato
4. apertura verso nuovi mercati: abbiamo trovato lavoro che altre
aziende non volevano più fare.
Cosa chiedo?
1. Un cambiamento dell' art. 18 dei lavoratori: che si aumentasse il
limite da 15 a 50 in modo da svincolare le piccole imprese che sono il
tessuto lavorativo sul quale si basa il paese
2. Abolizione delle risorse a fondo perduto, perché sono gestite in
maniera clientelare e dopano il mercato, meglio dei prestiti senza alcun
tasso da restituire nei tempi giusti
3. Aumento dei controlli sui medici che rilasciano certificati di
malattia: una vera piaga per il SSN e per l' azienda
4. Creazione di una Cooperativa nazionale per la gestione dei grandi
appalti inbound e outbound, ove le aziende che hanno i requisiti
necessari possano partecipare con delle quote pro capite stabilite e con
dei massimali, in modo che non ci sia una gestione clientelistica e
politica della commessa.
Nel frattempo timone stretto in mano e vele ripiegate per superare la
bufera.
Tullio Iaria e tutto il personale della E.C.C.
Credo di avere un sesto senso per queste cose.
Premetto che sono un piccolo ma feroce artigiano friulano.
Ho 40 anni di contributi intermente versati al 30-06-2010 e ho solo 54
anni.
La mia piccola azienda che opera da 40 anni ha visto questo tipo di
crisi tre volte.
1987 nel 1992-3 con svalutazione della lira del 30% in due giorni e
quella strisciante e subdola come quella di adesso che ha le radici nel
2002.
A quel tempo vedevo che le cose non potevano reggere a quel rittmo
sopratutto nel settore immobiliare. La mia ditta è un'impresa artigiana
che lavora nel settore termoidraulico rivolto verso l'industria.
E' stata una mania tutta mia quella di cimentarmi nei paesi dell'Est e
Balcani.
Credo di essere stata una delle prime ditte private ad entrare nel
mercato a quella volta yugoslavo nel 1987.
Nel 1992-3 quando in Italia non si muoveva un chiodo e c'era la guerra
nei Balcani sono andato a far "baruffa" con gli austriaci. Ho realizzato
una serie di lavori molto importanti a Graz, Krems,Linz e
Insbruk. Nessuno lo avrebbe fatto, io si ed in due giorni ho visto i miei
gudagni aumentare del 30% perchè i contratti erano fatti in Scellini.
Adesso sto lavorando in Repubblica Ceca come impresa italiana, sono
titolare di una bella ditta in Croazia,sono carico di lavoro e non ho al
momento scarsità di denaro.
Il messaggio che voglio trasmettere è il seguente: quando tutti corrono verso una direzione,rallenta, fatti anche
superare,quando tutti si gireranno perchè la strada dove tutti correvano
e terminata e a loro volta dovranno girarsi per prendere una nuova
direzione,tu che sei ponderatamente rimasto indietro, hai già cambiato
direzione , sei kilometri avanti a tutti praticamente irraggiugibile e
fai quello ch vuoi dove ti sei posizionato.
Bisogna guardare a 360°
sempre e praticare le vie più difficili perchè non trovi nessuno o
pochissimi,non sono remunerative all'inizio, bisogna fare sacrifici
bisogna crederci. Quando arrivano momenti come questi ti ritrovi come me
che non ho mai lavorato così bene, con soddisfazione e quasi mi vergogno
a dire che al momento mi va tutto alla grande.Poi gli imprevisti possono
sempre succedere.
Non fare come le ditte di sedie nel manzanese, tutte a fare sedie, farsi
concorrenza tra di loro per uno o due centesimi al pezzo e adesso sono
tutte KO, meno due che hanno avuto dei proprietari dal fiuto lungo che la
pensano come me.
D. L.
La parola d'ordine è: credito, credito, credito!
Visto che da quello che sembra le banche italiane stanno un pò meglio delle banche degli altri paesi, è proprio con loro che il governo deve elaborare una strtegia per garantire il credito alle imprese e anche alle persone che vogliono comprare casa perché quello immobiliare in Italia è un settore molto importante.
Bene i Tremonti Bond ma il governo dovrebbe far qualcosa per indirizzare la liquidità alle piccolo e medie imprese e magari limitare gli aiuti a quegli enormi ruderi che hanno già bruciato nella loro esistenza miliardi su miliardi.
E poi per ultimo ma non per importanza,accelerare la riforma del federalismo fiscale. Basta assistenzialismo a chi non lo merita. Il Nord ha esaurito la pazienza e, mai come in questo periodo, rischia di esplodere.
Salvaguardiamo chi produce! Gli altri si arrangino.
Dario da Bologna
Per reagire a questa crisi bisogna cercarsi alcune nicchie (che comunque ci sono) e sopravvivere il più a lungo possibile.
Aspettando che passi questo momento, perché con le nicchie si sopravvive, non si vive. Uscire da questa crisi significa abbassare le tasse al 30% in modo da evitare le evasioni fiscali.
È demenziale avere la tassazione che c’è in questo momento. Io non penso che ne durante ne dopo.
Questa crisi ci sia più azienda che va in banca a farsi prestare i soldi per pagare le tasse. Per iniziare a uscire da questa crisi forse bisogna agevolare le aziende che comprano le auto a recuperare.
Nuovamente sulle auto sia l’iva che le spese carburante, sono convinto che con 2.500.000 aziende che
Sono in italia almeno un quinto cambi l’auto, sarebbe già uno ablocco della situazione. Spingere le banche ad aiutare almeno quelle aziende che hanno un patrimonio da incassare e che non riuscendo
A monetizzare questi crediti sono ferme.
Luigi Cappelli
Malgrado tutte le belle parole del governo
dove tra l'altro io mi riconosco come pensiero
chiedo e denuncio che sia controllato
l'operato sleale e di strafottenza delle
banche che non danno più la possibilità
di lavorare normalmente da molti mesi
ormai,mettendo a rischio imprese e
famiglie.
Ancor più grave è che sapendo
la loro impunità ti fanno capire in tutti i
modi che loro sono i "padroni"e noi anche
se piccoli imprenditori persone non gradite.
Spero arrivi questo messaggio e si ponga
al più presto un rimedio altrimenti a
giorni noi compresi saremo costretti
a rassegnarci e l'Italia perderà ancora
pezzi indispensabili a creare ricchezza.
Anonimo avvilito
I fatti che racconterò sono solo ed esclusivamente veri e sono lo specchio di quello che le banche stanno facendo nei confronti delle aziende ed anche dei privati:
1) mia moglie è dipendente di un ente privato e percepisce 1000 euro al mese per 13 mensilità ed è cliente di una Banca del territorio, però fa parte di un Gruppo grande. La movimentazione di tale rapporto di conto/corrente è quello che si instaura tra un dipendente che mette in banca il suo stipendio e firma i RID per l'addebito delle bollette, altro non vedo cosa possa fare un semplice dipendente. Ebbene un pomeriggio mia moglie è stata contattata dalla reggente di detta banca per sentirsi dire che doveva movimentare di più il conto altrimenti avrebbero dovuto chiudere il rapporto. Se secondo voi è un rapporto idilliaco e regolare come dicono i nostri governanti, và bene così;
2) una mia amica che ha acquisito un ristorante al mare, Lido degli Estensi Comacchio di Ferrara, prima che arrivasse la crisi, ed ha lavorato abbastanza bene per tutta l'estate 2008 e visto che aveva un buon giro di clienti ha deciso di tenere aperto anche durante l'inverno. Per tenere aperto l'inverno servono investimenti in pubblicità per fare sapere alla gente che questo ristorante è aperto e, credo sappiate cosa costa fare pubblicità. Avendo impegnato tutti i suoi risparmi nell'acquisto del ristorante ed i guadagni nella ristrutturazione, questa mia amica, si è rivolta ad un consorzio di garanzia, uno dei primi d'Italia, per ottenere un prestito che le permettesse di affrontare l'inverno senza problemi. Questo Consorzio pur garantendo il 100%, di solito garantiscono al max il 50%, della cifra richiesta alla banca, la stessa di mia moglie, ha rifiutato il prestito dicendo che questi sono momenti difficili e che se voleva un aiuto avrebbe dovuto dare altre garanzie reali.
Commentate voi ora.
Valentino Cesari
Una piccola esperienza, ma credo significativa.
Da un po' di anni produco software per il turismo, per la precisione per il booking on line. Le realtà con le quali scontrarsi sono spesso molto grandi e non italiane, ma nonostante tutto siamo riusciti a fare un prodotto di qualità e credo apprezzato dai nostri clienti. Il turismo è una della grandi risorse italiane, ma ci sono molte carenze, anche culturali, fra gli albergatori. Ci troviamo sempre con molte idee e poco da investire. Sarebbe semplice chiedere soldi, lo fanno tutti, invece faccio una proposta.
Ci sono incentivi su tutto, perché non incentivare le strutture ricettive al passaggio alle tecnologie WEB 2.0?
Alessandro Manetti
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