Dal realismo a Peter Pan cercando la «figurazione»

Dal realismo a Peter Pan cercando la «figurazione»

Donatella Bono

La Galleria Agoràrte (via del Carmine 11) propone fino al 2 luglio «Altre figurazioni», una serie di dipinti e sculture dedicate al tema della «figurazione» vista attraverso lo sguardo di 13 artisti italiani. La mostra, curata da Alberto Agazzani, raccoglie opere di Maurizio Bottoni, Matteo Nannini, Giuseppe Tirelli e molti altri ancora: «La mostra, spiega Agazzani, ha come scopo di cercar di dimostrare, attraverso un numero ridotto di testimonianze spesso molto diverse tra loro, l'esistenza di queste “altre figurazioni“, evoluzione del termine generico figurazione». E se il concetto può risultare poco chiaro, tuttavia, osservando tele e sculture, se ne coglie immediatamente il senso, l'obiettivo è stato centrato in pieno. Il percorso parte dal milanese Maurizio Bottoni: i suoi famosi «interni di bosco», dagli alberi abnormi, l'atmosfera buia, gli uomini minuscoli rispetto alle piante, rimandano allo sguardo un senso di mistero, la rappresentazione di un luogo che facilmente potrebbe ospitare una favola.
Agostino Arrivabene, il cui dichiarato modello è Rembrandt, inventa visioni dove domina l'inquietudine, il disagio, la solitudine dei nostri giorni. Attraggono lo sguardo le sculture in bronzo di Ugo Riva, una donna che indossa un abito sensuale per le sue «prove di seduzione», un'altra distesa su un letto, ad occhi chiusi, in un atteggiamento erotico ed abbandonato al sonno: «estasi», spiega il titolo dell'opera, tra le braccia di Morfeo. C'è poesia nelle opere di Riva, struggimento e tormento nascosti dalla bellezza. Di diverso registro la testa in terracotta di Livio Scarpella, un giovane di colore dallo sguardo infantile, e un busto di fanciullo in terracotta policroma che ben racconta la ricercatezza estetica dell'artista giocata un po' sul filo dell'eccesso. Ancora sculture con Giuseppe Tirelli che con il suo splendido Peter Pan, un'aquila sulla spalla, lo sguardo assorto nella ricerca di Capitan Uncino, gioca con riferimenti culturali che spaziano dal Signore degli Anelli, ai fumetti, al fantasy più magico.
L'altoaltesino Paolo Quaresima e il ferrarese Matteo Nannini si concentrano soprattutto sulla figura umana: il primo con una «razionalità ai limiti dell'ossessivo», mentre il secondo si abbandona ad un turbine di emozioni. Colori forti per Quaresima, cupi per Ferraresi, realismo minimale per il primo, viaggio verso l'invisibile per il secondo. Non manca un tocco d'ironia irriverente con Renzo Dall'Asta: un'altissima donna in giallo splendente, fasciata da un lunghissimo abito, lascia entrare un piccolissimo uomo nudo tra le gonne: «beato tra le gonne» è il titolo sberleffo dell'opera.

Tele piene di mistero quelle di Fabio Rota, nudi dalle tonalità scure con tracce di rosso carminio nei dettagli: un nastro, le scarpe. Solitudine interiore e disagio ai quali i sensi non offrono che momentanee distrazioni.

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