Un'attrice famosa che interpreta un'attrice famosa. Ovvero: Giuliana De Sio che recita il ruolo di Irina Arkàdina. "Detta così, una cosa di una noia mortale liquida la faccenda lei -. Perché se c'è un ruolo che ho sempre evitato, è proprio quello di me stessa. Fortuna che a questo è scritto da Cechov; altrimenti, sai che barba". Eppure, nella protagonista del checoviano Il gabbiano (da ieri 18 dicembre fino al 21 al Teatro Sociale di Trento; dal 7 gennaio all'Argentina di Roma) l'inquieta e volitiva interprete ritrova, nonostante tutto, qualcosa di sé.
Dunque lei non si riconosce in questa "grande attrice"?
"No, perché Arkàdina è il ritratto-tipo della primadonna. Egocentrica, vanesia, anaffettiva. Io invece la vivo come essere umano. Una donna irrequieta anche quando si autocelebra; incompleta anche se si finge appagata. In quel girotondo di amori infelici che è Il gabbiano, dove ognuno ama qualcuno che ama qualcun altro, lei non fa eccezione. Il suo adorato Trigorin non l'adora affatto. E lei ne è consapevole"
Questo è il suo primo Cechov; ed è diretto da Filippo Dini, che interpreta proprio Trigorin.
"Ed è proprio per Dini, che l'ho accettato. Io evito quasi sempre i classici: i loro grandi archetipi si trovano anche nei testi moderni, ma in una forma più immediata. Ed è in questa forma che Dini interpreta Il gabbiano: tirandone fuori uno spettacolo geniale, sorprendente, ambientato in una dimensione atemporale e molto pop, con effetti speciali, musiche che vanno dagli U2 ad Adele, per un racconto sgrammaticato, distopico e perfino disturbante. Ma affascinantissimo".
A proposito di attrici famose: dopo quasi cinquant'anni di carriera, lei che bilancio traccia?
"Sono soddisfatta di me stessa. In teatro ho lavorato con tutti i più grandi, nelle cose che amo di più. In tv ho spaziato a piacimento: da La Piovra alle serie pop come Il bello delle donne (all'inizio perfino Aldo Grasso l'apprezzava) fino alle fiction con Gabriel Garko. Sì: molti me le hanno rimproverate; ma io mi ci sono divertita da matta. Dal cinema, invece, avrei meritato di più. Ma non mi faccia dire che lavorano solo quelli del solito circoletto. Per averlo accennato solo una volta dalla Fagnani, è diventato un mantra. Non che non sia vero. Ma ormai è uno slogan che mi hanno appiccicato addosso".
Si è pentita di aver partecipato a Ballando con le stelle?
"Pentita non lo so. Certo è un programma violento: di una violenza verbale altamente diseducativa, che mi ha sconvolto. Si salva solo per i suoi momenti di danza. Perfino in una trasmissione così, la danza rimane un fatto poetico. Ma tutto il resto... Prima di andarci, pensavo: almeno verrò trattata con rispetto. Vedendo che non so ballare ci faremo quattro risate. Invece. Ora che ci penso: sono stata davvero una pazza".
Ma scusi: prima di accettarlo non l'aveva mai visto, il programma?
"Solo nella parti di danza...
Comunue partecipare a Ballando ha smosso in me più cose di quarant'anni di analisi. In senso positivo come negativo. Ero diventata un punching-ball, su cui far sfogare la rabbia di milioni di persone. Eppure, eccomi qui. Sono ancora viva".