«Un referendum sugli aiuti» La Grecia terremota l’Europa

«Un referendum sugli aiuti» La Grecia terremota l’Europa

Isolato. A destra e a sinistra, dove la richiesta è la stessa: elezioni anticipate. E perfino all’interno del suo stesso partito, quello socialista, dove tra smarcamenti e fuoriuscite si invoca un governo di unità nazionale. Dopo il caos economico-finanziario, le misure draconiane per risanare il Paese e la guerriglia urbana nelle piazze, il premier greco, George Papandreou, sta vivendo le ore più difficili della sua lunga carriera. La decisione di indire un referendum sul salvataggio di Atene ha creato sconcerto e irritazione nel mondo politico ellenico e seminato il panico nelle Borse e a livello comunitario.
Con il G20 di Cannes ormai alle porte, l’annuncio di Papandreou rappresenta una variabile impazzita, tale da compromettere l’esito di un vertice già delicato, dove i policy maker europei dovranno dimostrare agli altri leader mondiali l’efficacia delle misure assunte contro la crisi del debito sovrano. Uno dei principali pilastri dell’accordo raggiunto a Bruxelles mercoledì scorso riguarda proprio la Grecia, e in particolare l’architettura del secondo piano di salvataggio con cui il Paese mediterraneo riuscirà a ottenere nuovi aiuti per oltre 100 miliardi grazie anche a un taglio del 50% del proprio debito. L’agenzia di rating Fitch ha già messo tutti sull’avviso: la consultazione popolare mette a repentaglio la stessa stabilità finanziaria dell’area euro. Ammesso che ce ne fosse bisogno, il caveat è arrivato alle orecchie della Cancelliera tedesca, Angela Merkel, e del presidente francese, Nicolas Sarkozy. L’asse franco-tedesco si è così subito ricomposto, con l’immediata convocazione per oggi in Costa Azzurra di una sorta di pre-vertice cui prenderanno parte le autorità europee, il Fondo monetario internazionale e il presidente della Bce, Mario Draghi. Naturalmente, all’incontro sarà presente anche il capo del governo greco, chiamato a dare spiegazioni su una decisione priva di logica e che, tra l’altro, potrebbe essere dichiarata inammissibile poiché l’articolo 44 della Costituzione greca esclude i referendum sulle materie fiscali.
Atene sembra aver già una linea di difesa: il voto «non è in alcun modo inteso a mettere in discussione il piano di azione concordato con Bruxelles, bensì ad acquisire il necessario sostegno popolare per la sua piena e concreta attuazione», ha detto il ministro degli Esteri, Stavros Lambridinis, in un colloquio telefonico con il collega italiano, Franco Frattini. Ma è una difesa debole, che fa acqua: un «no» di massa alle misure di austerità appare infatti scontato. E ciò significherebbe «la bancarotta per la Grecia», ha avvisato il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker.
A pochi giorni dal voto di fiducia di venerdì sul piano di salvataggio, restano da capire i motivi della mossa di Papandreou. Decisa senza consultare il ministro dell’Economia, Venizelos.

Forse un tentativo di alzare la posta, sfruttando l’imminenza del G20? Oppure solo un modo per inchiodare i greci alle loro responsabilità? In ogni caso, la Grecia sta giocando col fuoco. Una sola speranza: che abbia ragione quel deputato del Pasok, convinto che l’idea del referendum è «praticamente morta».

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