Cronaca locale

Regalo italiano i sette computer dell’università

nostro inviato a Kabul

Sette computer uno in fila all'altro, nella piccola stanza che all'improvviso è diventata una delle aule tecnologicamente più avanzate dell'Università di Kabul. Gli aiuti sono arrivati dalla missione militare italiana a Kabul guidata dal generale Mauro Del Vecchio, comandante del corpo d'armata di Solbiate Olona con sede a Palazzo Cusani, nel cuore di Brera.
«Nel periodo del comando italiano, la missione Isaf ha dimostrato un'attenzione alla cultura e agli aiuti umanitari che non ha precedenti e che va molto oltre le attività militari. E questa donazione è senza secondo fine né altro interesse che aiutare lo sviluppo» dice il professor Hossein Hosseini, scienziato e rettore dell'Università di Kabul.
Molti degli aiuti sono ancora impacchettati, qualche terminale arriva ancora durante la cerimonia ufficiale e alla fine il bilancio dei computer ricevuti dall'Università afgana andrà ben oltre la decina. Qui tra i viali intorno alle aule sembra un altro mondo rispetto alla Kabul arroccata sui monti e che non ha ancora dimenticato il burka.
Le donne vanno in giro a capo scoperto o con veli che adornano il viso invece di nasconderlo. Zohar è una di loro, studia archeologia e sfoggia sorridente il suo abito azzurro, eppure così diverso da quello tradizionale che nasconde le donne afgane al mondo e il mondo alle donne afgane. Gli occhi sono visibilissimi e allegri mentre ringrazia in inglese: «Ci avete dato la possibilità di studiare».
Kabul è «la madre di tutte le università» spiegano i professori e raccontano degli ottomila studenti iscritti. «Uno su quattro è una donna e le classi sono miste» spiega il preside. Resta ancora un mistero perché la percentuale si impenni fino a esplodere negli studi di Sharia, la legge islamica che è una delle quattordici facoltà dell'ateneo: qui duecentodue studenti su trecentocinquanta sono donne.
Forse è solo un altro segnale del desiderio di riprendere in mano il proprio destino direttamente da Allah.

E chissà che i computer non servano anche a questo.

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