Resta in Duomo la festa di Israele «Ora Pisapia condanni le minacce»

Le questioni scomode non piacciono a nessuno. Se occorre, però, un sindaco deve pur saper prendere posizione. Ieri pomeriggio, dopo una lunga trattativa tra istituzioni e tutta una serie di rumors incontrollati, la questura di Milano ha comunicato ufficialmente che la manifestazione prevista nell’ambito della settimana del turismo «Israele che non ti aspetti», si terrà in piazza Duomo. Tutto come previsto sin dall’inizio, quindi. E in barba alle minacce di boicottaggio di gruppi filopalestinesi arrivate via web. La questione di principio e l’appello lanciato attraverso una lettera aperta da 250 intellettuali e personalità del mondo ebraico di Milano hanno prevalso. E la possibilità, adombrata ieri mattina da più parti, di spostare la kermesse in piazza Castello, è stata definitivamente accantonata come una resa disonorevole.
E il sindaco? Nei giorni scorsi Giuliano Pisapia, a chi gli chiedeva da che parte stava e cosa pensava di fare, si era limitato a dichiarare che lui crede in due popoli e due stati e che la questione era di stretta pertinenza del ministero dell’Interno, delle forze dell’ordine e del questore. Concetto che ha ribadito anche un suo rappresentante incontrando lunedì una delegazione del comitato «No all’occupazione israeliana di Milano». Ieri Daniele M. Regard, presidente dell’Unione dei giovani ebrei d’Italia, con un comunicato, ha sottolineato l’atteggiamento eccessivamente prudente del sindaco. «Dispiace che il neoeletto sindaco di Milano Giuliano Pisapia si sia limitato a dichiararsi esclusivamente a favore di una soluzione di due Stati per due popoli, questione del tutto estranea alla kermesse israeliana, non prendendo invece le distanze dalle gravi minacce per la sicurezza pubblica, cosa che speriamo voglia fare al più presto». «Ci rattrista vedere come anche una iniziativa di carattere culturale ed economico, che nulla vuole avere a che fare con le questioni politiche legate al conflitto mediorientale, venga strumentalizzata per demonizzare lo Stato di Israele», ha concluso Regard. In serata, però, arrivano le parole distensive del presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna, e quello della Comunità di Milano Roberto Jarach. «Apprezzamento» per «il comportamento fermo e coerente» del sindaco e del questore, rispetto a una decisione che «va intesa come un esempio e un segnale che la vera democrazia non è debole».
Ma dopo le minacce fatte tramite Internet sui siti dei centri sociali rivolte alla manifestazione della settimana d’Israele, in città la tensione resta alta. I quindici contestatori radunatisi ieri a mezzogiorno davanti a Palazzo Lombardia (dove si sono anche messi in posa per una foto-ricordo), avvolti in kefiah e fieri dei loro slogan («Non è democratico uno stato, Israele, che ne occupa un altro: la Palestina»), hanno confermato la manifestazione di sabato 18 giugno, ore 15, in piazza Cairoli, «per contestare la kermesse di propaganda sionista e denunciare il regime di apartheid che Israele impone alla popolazione palestinese». Tra loro anche diversi esponenti dei centri sociali.
«Da quando si sentono “liberati“ da Pisapia, i centri si sono messi a minacciare addirittura lo stato d’Israele. E chissà cosa succederà adesso in piazza Duomo, visto che l’iniziativa d’Israele durerà una settimana - commenta Riccardo De Corato -. Certo, spostare la kermesse sarebbe stato un messaggio gravissimo. E il neo sindaco si è comportando da Ponzio Pilato.

Fino a stamattina (ieri per chi legge) era per due popoli in due stati. Poi ha incontrato il prefetto. E qualcuno deve avergli fatto cambiare parere visto che poi le istituzioni, tutte insieme, hanno deciso che la manifestazione israeliana si sarebbe tenuta proprio dov’era stato deciso».

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