«Per restare in Italia dirsi poveri non basta più»

da Torino

Se fino a ieri bastava dirsi poveri per strappare la permanenza in Italia, oggi non è più così. I clandestini che raccontano di non avere i mezzi economici per lasciare il nostro paese devono anche riuscire a dimostrarlo. Lo ha stabilito la Cassazione, che ha accolto tre ricorsi presentati dalla Procura di Torino contro altrettante assoluzioni di clandestini presunti indigenti, annullato le sentenze impugnate e rinviato per il giudizio alla Corte d'appello del capoluogo piemontese. I giudici torinesi, è in estrema sintesi il parere della Suprema corte, non avrebbero dovuto assolvere quei tre clandestini. I processi, adesso, andrebbero rifatti. Peccato che i tre imputati siano nel frattempo spariti.
Le sentenze impugnate riguardavano tre stranieri che non avevano abbandonato il territorio italiano nonostante avessero già ricevuto il foglio di via. Fermati una seconda volta, erano stati arrestati e processati, ma per tutti e tre era arrivata una sorprendente assoluzione da parte del giudice Gloria Petrini. Il motivo? I clandestini, a parere del giudice, non possedevano i mezzi economici per lasciare l'Italia, erano stati loro stessi, in aula, a illustrare al giudice la situazione di indigenza nella quale si trovavano. Ma per la Cassazione dichiarare di essere poveri non è più sufficiente, lo stato di indigenza va dimostrato con elementi certi.
Scrivono gli ermellini: «Va ricordato e ribadito il principio più volte affermato da questa Corte di legittimità secondo cui il giustificato motivo non può consistere in un generico disagio economico, ma occorre condizione di assoluta impossidenza, peraltro non deducibile in modo generico e apodittico, né statuibile per mera plausibilità». Insomma, occorre provare lo stato di ristrettezza economica e non dichiarare semplicemente di non avere denaro. Occorre «dimostrare, in concreto - conclude la Cassazione -, l'inesigibilità dell'obbligo» di lasciare il territorio nazionale.


A suscitare clamore, sempre a Torino, erano state anche le scarcerazioni «facili» di quei clandestini accusati di aver fornito false generalità al momento del fermo per i quali la Procura aveva chiesto la convalida dell'arresto e che invece erano stati scarcerati su ordine, anche in questo caso, del giudice Petrini. Anche in questo caso è scattato, immediato, il ricorso in Cassazione da parte della Procura. Ma la risposta degli ermellini, su queste scarcerazioni, non è ancora arrivata.

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