di Paolo Del Debbio
In Europa in questi giorni sta succedendo qualcosa di paradossale. Si ritrovano gli Stati a parlare di cosa dovranno fare (sapendo che non possono fare nulla perché decide lOnu) e non parlano di cosa dovrebbero fare subito e cioè, ad esempio, intervenire in aiuto dellItalia per la questione profughi, rifugiati e immigrati. E poi ci dicono che siamo pessimisti o scettici sulle funzioni dellEuropa che quando ci deve essere non cè mai.
Che la Francia e lInghilterra siano per un intervento militare e spingano in tal senso si spiega - come tutti sanno - più con logiche interne agli stessi Stati che non come momenti di una strategia vera e propria. Intervenire per fare cosa? Con l'avallo di chi? In che termini? Sarkozy ha bisogno di rialzare il suo indice di gradimento. Pensa, evidentemente con qualche ragione, che i francesi siano sensibili a questo mostrare i muscoli ma dà l'impressione di quei personaggi che mostrano i muscoli solo quando sono certi che non si arriverà allo scontro. Per l'Inghilterra il discorso è un po' diverso ma, infatti, la sua posizione rimane molto più defilata e comunque meno decisa.
L'Europa non può che aspettare e seguire le decisioni della Nato e, quindi, dell'Onu. Non c'è altra strada. A questo proposito il Segretario generale dell'Alleanza è stato piuttosto chiaro stabilendo le tre condizioni per un intervento della Nato in Libia. La prima è una dimostrata necessità dell'intervento, la seconda è un chiaro mandato del Consiglio di sicurezza dell'Onu e la terza è un fermo supporto regionale. Rasmussen ha chiarito che la Nato è pronta per una iniziativa di tipo umanitario e che può valutare altre opzioni, come quella militare solo in presenza delle tre condizioni.
Porre queste tre condizioni significa allontanare l'intervento militare, non significa assolutamente avvicinarlo. Poniamo infatti per pura ipotesi che non manchino il supporto regionale e la necessità dimostrata di intervenire quello che certamente manca è il chiaro pronunciamento dell'Onu. È nota infatti la posizione contraria di Cina e Russia cui si uniscono la contrarietà della Germania che non vuole trovarsi nella rete di una guerra dagli esiti assolutamente incerti e la prudenza più volte dimostrata dell'Italia. Lincertezza degli Usa aggiunge ulteriore forza alla tesi che l'intervento dell'Onu sia ormai - stante questa situazione - ben lontano. La volontà espressa del Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, di incontrare la prossima settimana durante il suo viaggio in Egitto e Tunisia, esponenti dell'opposizione libica, a questo punto, più che per armare gli insorti sembra diretta a cercare punti di mediazione.
Questa sembra la situazione. In Europa si parla ma non si può decidere, si può provare ad influire nei luoghi dove si decide. Ma per l'Europa tutto questo non può portare a non affrontare il nocciolo della questione: che rapporto deve instaurare l'Europa dei mercati e dei commerci con questa parte dell'Africa.
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