Dura la vita del giocatore medio, perchè tanti soldi non arriveranno mai e rischia di perdere motivazioni. Per un calciatore il denaro è fondamentale, che si tratti di ingaggio alto da onorare come di uno basso da migliorare. Sono queste due categorie di giocatori di serie A a rendere di più, secondo la ricerca pubblicata da Fabrizio Montanari e Giacomo Silvestri nel libro «Il management del calcio». Analizzato i profili di 326 atleti per due stagioni: «Rendono di più le superstar e chi è ansioso di scalare posizioni nella classifica delle retribuzioni. Le società devono spiegare a tutti la politica retributiva, perchè accettano le disparità quando sono giustificate e quando le superstar si assumono le responsabilità che lo stipendio comporta».
Secondo Montanari e Silvestri, lo spogliatoio del Milan digerirà i 6 milioni e mezzo a Ronaldinho solo se giocherà e si comporterà bene. «Uno stipendio alto - commenta Luca Ariatti, 29 anni, centrocampista del Lecce, ritornato in serie A - può essere arma a doppio taglio, dipende sempre da come reagisce il calciatore. Per qualcuno un contratto milionario è un punto di arrivo, una volta ottenuto molla un po, proprio perchè la maggiore tranquillità economica acquisita lo appaga e non insegue più il successo personale. I grandi campioni onorano lingaggio da favola con la stessa voglia di tre punti: per tutti lesempio di Gattuso, che ha vinto tanto e conserva umiltà. Pare volersi guadagnare qualcosa ogni volta che scende in campo».
Tanti soldi possono pure diventare un peso, secondo Ariatti, contratto sino al 2011 e due stagioni in A, Fiorentina e Atalanta. «Conosco tanti colleghi vittime dei loro stessi guadagni, di trasferimenti milionari che li condizionano psicologicamente, facendoli rendere meno. Occorre essere capaci di fregarsene, anche quella è una prova di maturità, per provare a guadagnare meglio. Attaccanti e trequartisti guadagneranno sempre più dei difensori e dei centrocampisti, il segreto sta nel sapersi accontentare, conta lamore verso il mestiere.
Secondo lo studio lingaggio è determinato dallesperienza in A, dalla carriera anche in nazionale, dalle performance individuali e di squadra. Cambiarla non porta, in media, nessun vantaggio retributivo.
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