C'è sempre una soluzione, la si può trovare anche prima ancora che succeda il disastro. Se non ci sono più italiani che sanno giocare a pallone, andiamo a prenderli all'estero gli azzurri, magari non sarà più la nazionale degli italiani ma chissenefrega. Magari il pensiero del numero uno del nostro calcio non è esattamente questo ma alla luce del pessimo rendimento della nazionale italiana ai Mondiali di calcio sudafricani (due pareggi per 1-1 contro Paraguay e Nuova Zelanda e Slovacchia da battere assolutamente giovedì per non rischiare di tornare a casa dopo la prima fase), secondo il presidente della Figc, Giancarlo Abete- intervistato da La Stampa - il calcio italiano deve capire che mettersi anche a disposizione della nazionale può solo portare vantaggi: « Per risolvere i problemi della nazionale e della crisi di talenti, si potrebbe pensare a dare magari la nazionalità a qualche extracomunitario. La partita vera però si gioca convincendo i club, non soltanto quelli di Lega Pro, a favorire gli italiani insistendo sugli incentivi».
Abete ha detto di avere le mani legate, la Fgci ostaggio della politica dei club: «Ma oltre ai contributi economici a chi incentiva i vivai e dà spazio agli italiani non si può fare molto. Se una società decide di avere ventidue lussemburghesi e nemmeno un giocatore utilizzabile in nazionale non abbiamo mezzi per impedirglielo».
Poi un po' di dietrologia: «Dopo il disastro dei Mondiali del '66 contro la Corea del Nord, si chiusero le frontiere - ricorda Abete - e le società furono obbligate a puntare sugli italiani. Io una cosa del genere non la potrei fare, anche se volessi. Ci sono le normative europee, inoltre se i nostri club devono essere competitivi a livello internazionale, non si può limitarli rispetto alla concorrenza».
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