Sono trascorsi sei anni dalla scomparsa, ma il ricordo della Medaglia doro Luigi Ferraro, genovese, pioniere della subacquea, eroe di guerra e poi brillante imprenditore, è ancora vivissimo, e non solo tra i congiunti, in particolare i figli Paolo e Italo. I quali, come ogni anno, si ritroveranno accanto a tanti amici ed estimatori del padre in occasione della messa di suffragio prevista per domenica nella cripta del Monumento ai Caduti di piazza della Vittoria. Sarà una ulteriore occasione per celebrare, in modo discreto, la figura di un combattente non solo in armi, ma anche nella vita civile, a favore di valori autentici. Un combattente, del resto, che si dichiarava orgoglioso di non aver «mai sparato a un italiano», compresi quei partigiani che - lui schierato nella Decima Flottiglia Mas, loro contro il fascismo - si era trovato di fronte in quella parte di conflitto che opponeva fratelli a fratelli.
È lo stesso Ferraro che nel maggio 1943 viene inviato in Turchia con lincarico di compiere azioni di sabotaggio contro mercantili nemici, e, sotto falsa copertura diplomatica, di giorno si finge play boy amante della bella vita, ma di notte si trasforma in micidiale incursore subacqueo. In quella «veste» - tuta, maschera e respiratore - conduce quattro azioni contro unità nemiche riuscendo ad affondarne due e danneggiando gravemente una terza. Le cronache del tempo riferiscono che «solo la quarta nave, regolarmente minata, sfuggì allaffondamento grazie a unispezione alla carena che consentì di rimuovere i bauletti esplosivi». Da qui il conferimento della più alta onorificenza al valor militare. Ma Ferraro, nel dopoguerra, non si ammala certo di reducismo: fra laltro, nel 1952 progetta la maschera «Pinocchio», la prima con la sagomatura per il naso, una concezione ancora oggi adottata e attualissima.
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