«Riparazioni navali, sbagliato trasferirle a Sestri Ponente»

«Riparazioni navali, sbagliato  trasferirle a Sestri Ponente»

L’area Fincantieri di Sestri Ponente, no, non è proprio il caso di trasformarla in un polo esclusivo di riparazioni navali; d’altronde, se non ci sono ordini di nuove navi, non si può insistere a oltranza, mantenendo lo stesso numero di stabilimenti di costruzione in Italia: l’occupazione si ottiene soltanto creando le opportunità. È il parere di Marco Bisagno, al timone di «T.Mariotti», in margine alla presentazione della nave extra-lusso «Seabourn Quest», Gruppo Carnival, che rappresenta la più recente realizzazione dell’impresa cantieristica genovese e sta per partire per la crociera inaugurale. Al di là della soddisfazione per il varo di un autentico gioiello dei mari - 32mila tonnellate di stazza, solo suites a bordo, ben 225, il 90 per cento delle quali con veranda privata, e massimo comfort per i 450 passeggeri - Bisagno, che guida una realtà imprenditoriale leader nella progettazione e costruzione di unità croceristiche «ultra luxury», ci tiene a sottolineare che non vede solo nero nel futuro del settore, sia a livello di T.Mariotti, sia a livello di Fincantieri: «Il mercato delle costruzioni non è finito» insiste. Ma aggiunge anche subito: «Certo, si deve capire che è indispensabile un radicale cambiamento nell’organizzazione. Serve una innovazione di prodotto, ma soprattutto di processo, per metterci in linea con la concorrenza estera, sempre più aggressiva e competitiva».
La crisi di Fincantieri - aggiunge ancora Bisagno, già presidente degli industriali genovesi - è difficile, come lo è la crisi di tutti questi cantieri di grandi dimensioni. È la stessa che esisteva, ad esempio, in Francia e in Finlandia, «e io sono molto preoccupato per il futuro». Ma alla preoccupazione per il futuro della cantieristica genovese si aggiunge una punta di scetticismo in merito all’ipotesi, ventilata nei giorni scorsi, di una riconversione di Sestri Ponente. Non pensiamo, dunque - ribadisce Bisagno - di insediare negli «spazi vuoti» delle costruzioni le riparazioni navali: «Sarebbe una scelta antieconomica e di difficile realizzazione». Meglio, invece, «sfruttare gli spazi che il porto ha a disposizione per creare opportunità di lavoro». Il nodo «rimane ancora quello del sesto bacino, che potrebbe risolvere molti dei problemi di questo settore strategico per la città. In questo senso il presidente della T.Mariotti è convinto che Genova abbia delle attitudini che pochi altri centri hanno, «ma non abbiamo un adeguato sostegno da parte di una città che è vecchia, non ha voglia di decidere, di sacrificarsi e fare scelte».
Nella circostanza, una sferzata di ottimismo arriva, almeno, dalla Seabourn Quest. Che risponde a una filosofia ben precisa, espressa dal rappresentante del vertice del Gruppo Carnival, Richard D. Meadows: «Prenderci cura dei nostri ospiti in un modo che superi quelle che sono le loro attese, soddisfare i loro gusti, i loro desideri, le loro aspettative». Una filosofia che si concretizza nei numeri: oltre alle suites, ci sono a disposizione a bordo 4 ristoranti, 6 bar, 3 boutiques, 6 jacuzzi all’aperto, 2 palestre e 1 beauty center. Notevole la ricchezza dei materiali realizzati: 120 tonnellate di marmi italiani, 3.800 chili di mosaici, 7mila chili di alabastro. «Questa è davvero una bella nave - specifica Meadows - la terza costruita a Genova dai Cantieri Mariotti, e siamo davvero entusiasti di avere la possibilità di includerla nella flotta Seabourn». La nuova unità, gemella delle precedenti Odissey e Seajourn, completa la commessa acquisita dal cantiere genovese nel 2006 per un valore complessivo di 550 milioni di euro. «Il bilancio - conclude ancora Bisagno - è sicuramente positivo. L’aver potuto seguire direttamente tutte le fasi realizzative delle unità ci ha permesso di ottimizzare al massimo la produzione, raggiungendo standard di efficienza sempre più elevati. Ora guardiamo al futuro sperando che qualcosa di quello che è sul tavolo si chiuda il più velocemente possibile.

Noi dobbiamo lavorare con lo stesso tipo di sforzo, fare un prodotto di eccellenza che costi poco, con tempi certi, accontentando l’armatore. In questo modo, forse, riusciamo a battere una concorrenza che ha strumenti diversi. Ma io ci credo ancora».

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