«Difendere le nostre radici cristiane»: obiettivo di cinquantaquattro crocifissi di grandi artisti in mostra. Capolavori di Cimabue e Giotto, Paolo Ucello e Mantegna ma anche Perugino e Raffaello esposti alle Stelline, «riproduzioni fotografiche delle interpretazioni di quello che è il simbolo per eccellenza della nostra cultura ma che è pure simbolo della nostra identità nazionale» chiosa lassessore regionale al Turismo.
Virgolettato che Piergianni Prosperini fa seguire da un invito: «Dobbiamo fare quadrato attorno ai nostri valori più importanti e profondi in un momento in cui la nostra cultura è sotto attacco di fondamentalisti, integralisti e terroristi». Come dire: «Dobbiamo esporre il crocifisso che non è solo simbolo sacro ma è anche segno tangibile di chi siamo e da dove veniamo, tangibile segno della nostra cultura e delle nostre tradizioni».
E il pensiero corre alle aule delle scuole milanesi, dove il crocifisso non cè, è stato rimosso per «non disturbare»: «Attacco alle nostre radici cristiano-cattoliche che dobbiamo recuperare e non mettere in discussione». Motivo in più, aggiungere lassessore, per portare «la mostra nelle scuole di Milano e della Lombardia». «Fino al 28 settembre è visitabile gratuitamente al Palazzo delle Stelline. Poi, sempre gratuitamente, è a disposizione delle scuole dove è possibile così permettere il recupero di valori assoluti, la Fede anzitutto, che per un cristiano non possono essere messi in discussione». La mostra tra un anno verrà replicata anche allOttagono di Milano: in questa occasione sarà possibile ammirare anche la simulazione architettonica di una Pieve romanica, con le pareti formate dalle riproduzioni dei dipinti stessi. Lesposizione, sottolinea Prosperini, mette in sequenza «i valori irrinunciabili e assoluti, che vanno conservati e non diluiti nel nulla-pensiero degli acefalo-globalizzatori».
Realizzata con il contributo della Regione Lombardia, il crocifisso è per il presidente Roberto Formigoni «la fonte della nostra civiltà»: «Di fronte a questi capolavori vogliamo pertanto tornare a confrontarci sulle comuni radici cristiane».
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