Ris al lavoro nella villetta di Gradoli

Il Ris nella villetta sequestrata a Gradoli. A tre settimane dalla scomparsa di Tatiana Ceoban, 36 anni, e della figlia Elena, 13 anni, proseguono i rilievi degli esperti dell’Arma in casa di Paolo Esposito, 39 anni, unico indagato per sequestro di persona. Nella casa in località Cannicelle gli inquirenti avrebbero trovato materiale giudicato «interessante» per le indagini.
Il giallo delle moldave svanite nel nulla potrebbe essere a una svolta, anche se per formulare precise accuse manca sempre il corpo del reato, ovvero i cadaveri delle due donne, le cui tracce si perdono a poca distanza dalla loro abitazione assieme ai cellulari. Intanto emerge un particolare inquietante: l’11 giugno scorso nella villetta i l Ris aveva trovato e sequestrato un foglietto strappato con la scritta «ti ammazzo». Ieri l’avvocato Enrico Valentini che, insieme con Mario Rosati, difende Esposito, ha cercato di sminuirne il significato. «So che è nei verbali - ha detto il legale -, ma non so nulla di più preciso. Potrebbero averlo scritto sia Tatiana che la figlia Elena».
La Procura di Viterbo è decisa ad andare fino in fondo in quella che, sulle prime, era sembrata una fuga disperata di una donna stanca di una convivenza impossibile. Una storia finita e una bimba contesa fra la madre naturale e un padre insofferente dell’arrivo della figliastra: questo il possibile movente per un delitto da considerare come unica soluzione, in una mente criminale, per ottenere quello che il Tribunale dei Minori, due anni fa, aveva respinto. Ovvero l’affidamento della piccola Erika.
In questa vicenda un ruolo l’avrebbero giocato anche i nonni della piccola, legati in maniera definita «morbosa» alla sola nipote del loro figlio unico. Secondo la madre di Tatiana, Elena Nekitor, 64 anni, negli ultimi mesi Tania era terrorizzata. «Non potevamo parlare al telefono perché Paolo la controllava, la registrava, la filmava - racconta la donna -. Lei aveva trovato persino delle traduzioni scritte di alcune nostre telefonate dal russo all’italiano». Strano per uno che, una volta esploso il caso, ha sempre sostenuto in prima persona o attraverso il suo avvocato, che la loro era un’unione felice. Non si direbbe certo stando a quanto si legge sul ricorso al giudice per ottenere l’affido esclusivo di Erika.
Un documento del 29 marzo 2007 trovato da Tatiana in un cassetto assieme alla convocazione in Tribunale che nessuno le aveva consegnato.

La tesi sostenuta? Che la donna sia pazza, tanto da ottenere una perizia psichiatrica che dimostra, invece, esattamente il contrario di quanto si voleva dimostrare. «Escludo assolutamente disagi mentali» chiosa il medico curante, il dottor Naddeo. Allora, perché mentire?
yuri9206@libero.it

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