Ma il rischio contagio fa paura ai leader arabi

Il Marocco blocca il prezzo del grano importato, la Libia abbassa le tasse su cereali e latte. Vietata a Rabat una manifestazione di solidarietà con le vittime dei disordini nel Maghreb

Gerusalemme - La censura governativa non basta più. Le notizie e le immagini del dissenso tunisino arrivano ovunque nel mondo arabo attraverso i social network - Twitter e Facebook - e attraverso il megafono delle emittenti satellitari, come Al Jazeera e Al Arabiya. E dal Nord Africa al Medio Oriente i regimi arabi corrono ai ripari, temendo il contagio.

In Tunisia la protesta politica contro 23 anni di regime autoritario e poliziesco è stata innescata dal malessere sociale ed economico. Ed è dall’economia che parte il tentativo di alcuni governi della regione d’evitare un effetto domino. La Libia, il Marocco e la Giordania nelle scorse ore hanno preso misure di controllo dei prezzi degli alimenti base.

Tripoli, dove regna incontestato da decenni il colonnello Muhammar Gheddafi, ha cancellato alcune tasse e soppresso i diritti doganali su prodotti di prima necessità, tra cui cereali e latte per neonati. Anche il Marocco ha agito per mantenere stabile il prezzo del grano d’importazione. In Giordania è lo stesso re Abdallah II a chiedere al governo «misure immediate» per «attenuare l’aumento dei prezzi» dei prodotti base. Il mese scorso, l’inflazione nel regno ha raggiunto il livello record del 6,1% e il malessere sociale è palpabile e pronto a trasformarsi in rabbia popolare. La settimana scorsa la polizia si è scontrata con la folla in protesta e venerdì sono in programma nuove manifestazioni organizzate dai Fratelli musulmani. Come molti altri governi del Nord Africa, anche l’Egitto di Hosni Mubarak teme l’aumento dei prezzi del grano. Il regime spende il 7% del Pil in sussidi per alimenti e carburante. Il ministro del Commercio ha dovuto rassicurare la popolazione, dando così voce alle preoccupazioni regionali: «Qui non esiste la possibilità di uno scenario alla tunisina».

Il timore di un contagio va oltre il prezzo del pane e il malessere sociale. Dal Nord Africa al Medio Oriente la frustrazione politica accomuna molte popolazioni. «Ogni governo della regione sta guardando con preoccupazione agli eventi in Tunisia - assicura Eric Goldstein, capo della sezione nordafricana di Human Rights Watch. - Quando mai un regime arabo è stato rovesciato da una rivolta popolare?». E la Tunisia, che ha un livello economico e sociale migliore di molti altri paesi vicini, è ora sull’orlo della rottura. «Alcuni Stati, più o meno autoritari, pensano a come evitare che i loro cittadini facciamo lo stesso».

L’Egitto, per esempio, come la Tunisia e altri governi arabi, è un regime autoritario che invecchia. Il problema della successione a Mubarak rappresenta un’incognita. L'opposizione interna è debole e disunita e le tensioni sociali sono in aumento, come dimostra il sanguinoso attentato di Capodanno a una chiesa copta di Alessandra. Le violenze tra musulmani e cristiani, il 10% della popolazione, sono cresciute drammaticamente negli ultimi anni e il governo è finito sotto accusa per non aver saputo garantire la sicurezza, nonostante le contestate leggi di emergenza in vigore dal 1981. E ciò che accade in queste ore a Beirut, con il collasso del governo libanese, non fa che accrescere l’atmosfera d'instabilità che lega il Nord Africa al Medio Oriente.

Il dissenso tunisino è ormai una rivolta popolare dal sapore tutto politico. Assieme ai giovani in strada ci sono i professionisti di quella classe media stufa di un potere autocratico che limita le libertà personali e amplifica lo stato poliziesco. In assenza di un’opposizione credibile sono gli avvocati, i medici, qualche giornalista, i sindacati e le associazioni dei lavoratori a contestare il potere, mettendo in pericolo lo status quo e allo scoperto le debolezze del regime. Tutto questo spaventa capi di Stato e di governo dei Paesi vicini, incapaci ormai di affrontare le richieste di una popolazione giovane con aspirazioni sociali, economiche e politiche sempre più ambiziose.
Ma il contagio in realtà ha già avuto un effetto: in Algeria, nazione abituata alla protesta di piazza, il dissenso tunisino ha propagato la contestazione a gran parte del Paese.

Lunedì in Marocco una manifestazione in solidarietà con i vicini è stata cancellata dalle autorità. La Tunisia «è il più forte Stato poliziesco della regione - spiega Issandr El Amrani, analista -: se qui accade questo, significa che può accadere ovunque.

Se tra un mese gli arabi dovessero vedere sugli schermi di Al Jazeera i tunisini marciare sul palazzo presidenziale senza aiuti stranieri, senza insurrezioni islamica, la protesta avrebbe un impatto enorme sugli altri regimi regionali».

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