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A rischio la trattativa di oggi a Vienna

Giornata cruciale oggi per il negoziato sul dossier nucleare iraniano. A Vienna si siederanno di nuovo attorno a un tavolo le autorità di Teheran e le principali potenze mondiali (il cosiddetto gruppo dei 5+1: Usa, Russia, Cina, Regno Unito, Francia, più la Germania) per tentare di dare seguito al positivo incontro dello scorso primo ottobre a Ginevra. Incontro nel quale - dopo 15 mesi di stallo - si riuscì a riavviare il dialogo grazie anche alla mano tesa dell’ amministrazione statunitense guidata da Barack Obama. Ma sull’esito dell’attesissimo appuntamento nella capitale austriaca pesano gli avvenimenti delle ultime ore: l’attentato suicida che ha provocato la morte di sei capi Pasdaran, il regime del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad che ha denunciato l’azione di «agenti stranieri» puntando il dito soprattutto su Washington e Londra. Il rischio è che la movimentata vigilia possa far fallire la riunione viennese, ma anche l’effetto Obama, che aveva portato a una chiara apertura da parte dell’Iran, potrebbe essere del tutto vanificato. Lo stesso Ahmadinejad aveva parlato per la prima volta della possibilità di una «proficua cooperazione», definendo l’incontro di Vienna un importante «banco di prova».
Due i principali punti su cui Teheran aveva aperto a Ginevra, avvicinandosi un po di più alle richieste avanzate dall’Onu: piena disponibilità a «cooperare pienamente ed immediatamente» con l’Aiea (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica), aprendo le porte del nuovo impianto nucleare scoperto nella regione di Qom, nel nord del Paese; la possibilità di un accordo per consentire a Teheran di arricchire in un Paese terzo (ad esempio la Russia) l’uranio necessario per alimentare un reattore di ricerca a fini medici.


Si tratta di impegni accolti con favore dagli Usa e dai Paesi Ue, che però restano più diffidenti sulle intenzioni dell’Iran, continuando ad agitare lo spettro delle sanzioni se il negoziato dovesse fallire o andare troppo per le lunghe.

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