Roma Il posto in palio, almeno in apparenza, non è di quelli per cui si sgomiterebbe: si tratta di fare il capo della minoranza dentro la minoranza.
E però ieri larea franceschiniana di Area democratica (che sarebbe la corrente dopposizione del Pd, quella che ha perso il congresso) era sul piede di guerra. «Se fanno così finisce che annulliamo il seminario di Cortona», minacciava un fedelissimo del capogruppo Pd alla Camera. Con chi ce laveva? Con Walter Veltroni. Sì, perché lex segretario del Pd pare averne avuto abbastanza del suo periodo sabbatico post-dimissioni, e sembra intenzionato a tornare attivamente in pista. E a prendere le redini della minoranza. Un rientro parzialmente mimetizzato dalla costruzione della «sua» fondazione Democratica, con la quale Veltroni ha spiegato di voler creare una sorta di «scuola di politica» con cui preparare le «nuova classe dirigente» del centrosinistra di domani. In realtà, lex leader sta chiamando a raccolta i parlamentari e i dirigenti di oggi, spiegando che «dopo le elezioni regionali si aprirà una nuova fase». Non perché il Pd di Bersani andrà male (Enrico Letta ieri scommetteva su un otto a cinque per il centrosinistra, con solo Calabria, Campania e Piemonte cedute al centrodestra), ma perché - come dice il veltroniano Giorgio Tonini - occorre «rilanciare la nostra proposta» di opposizione interna allopposizione. E combattere a viso aperto contro il fantasma che si è riaffacciato sul palco di piazza del Popolo sabato scorso: quello dellUnione, del «tutti insieme, basta che respirino».
E finora Area democratica, a parere di alcuni veltroniani, ha inciso poco e perso troppi pezzi: dallex segretario ds Fassino, riavvicinatosi a Bersani e DAlema; agli ex Ppi di Fioroni e Marini che in occasione delle regionali hanno fatto accordi in mezza Italia con la maggioranza interna Pd.
Naturalmente Dario Franceschini, che come ex candidato segretario è il leader ufficiale della minoranza, assicura che «con Walter non cè nessun problema».
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