Rivolta in Siria «Un massacro con 100 morti»

Sarebbero un centinaio, e non dieci come dichiarato da fonti ufficiali, le vittime degli scontri avvenuti nella città siriana di Deraa fra manifestanrti e polizia. Lo scrivono fonti di agenzia internazionale riprese ieri sia dalla Bbc sia dal portale libanese Naharnet. Lo ha confermato l’attivista dei diritti umani Ayman al-Asswad: «Ci sono sicuramente più di cento morti e la città avrà bisogno di una settimana per seppellirli». Le autorità siriane avevano parlato di dieci persone uccise a Daraa, una città di 75 mila persone che è diventato uno dei centri delle proteste anti regime dallo scorso 18 marzo. Testimoni avrebbero riferito che le forze di sicurezza hanno sparato per tre volte sui dimostranti. Ieri in 20 mila si sono radunati a Deraa per i funerali delle vittime degli incidenti. Il presidente siriano, Bashar al-Assad, ha preso le distanze da quanto accaduto e ha fatto sapere, attraverso il consigliere presidenziale Buthayna Shaaban, di non aver ordinato alle forze di sicurezza di aprire il fuoco contro i manifestanti anti-governativi. E si è affrettato a comunicare i punti del pacchetto di riforme sociali in programma: ha dato ordine a una speciale commissione di preparare un piano di intervento contro la corruzione, per l’innalzamento dei salari dei dipendenti pubblici e la distribuzione di sussidi in ambito sanitario, per creare nuovi posti di lavoro per i giovani, per una nuova legge sui partiti e un’altra sulla stampa. Ma la tensione rimane alta, la protesta non si placa ed è un continuo scambio di accuse. Sul caso è intervenuto anche il Centro di studi per i Diritti umani di Damasco, secondo il quale «il governo siriano è pienamente responsabile delle vittime di Daraa».

Il governo ha invece accusato implicitamente i paesi con i quali confina delle violenze nella città del sud. Il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, ha richiesto la liberazione immediata dei manifestanti detenuti e la fine dello stato di emergenza decretato da Damasco.

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