Ma Roger Waters faccia il rocker e non il predicatore

Basterebbe farsi trasportare dalla tormentosa libertà sonora di Confortably Numb o Another Brick In the Wall per capire che Roger Waters è un genio dell’art rock. Lo sanno i fan che portano in trionfo in tutto il mondo - a 30 anni dall’originale - la riedizione di The Wall senza i Pink Floyd e che lo hanno incensato al Forum di Milano per le prime due date italiane dello show (repliche domani e martedì e poi ritorno a grande richiesta in luglio). Come criticare un kolossal dagli effetti speciali mirabolanti, dalle canzoni che hanno segnato un’epoca? Come non notare - nonostante l’assenza di Gilmour - l’intenso rilievo espressionistico che unisce parole e scene? Come non essere al suo fianco nell’impegno pacifista? Non lo si è quando è pacifismo ossessivo (da tempo Waters incita i fan a postare su Facebook ricordi di guerra) e un po’ qualunquista (gli aerei che invece delle bombe sganciano crocefissi, falce e martello, i maligni simboli mercantili della Shell e della Mercedes, i ritratti di Hitler, Mao e Bush che pubblicizzano l’iPod) che fa scattare facilmente l’applauso.
Waters è rimasto prigioniero di un «muro» magico ma anche maledetto; lo costruì (nel suo immaginario) per esprimere l’incubo di una rockstar votata all’isolamento, poi lo regalò al mondo scavando coraggiosamente tra i fantasmi dell’infanzia (il papà morto in guerra ad Anzio, i conflitti con la madre ed i professori) senza riuscire a risolverli, se non musicalmente. Il corpo di papà mai ritrovato è un chiodo piantato nel cervello di Waters che ora scrive: «La Seconda Guerra Mondiale fu una guerra giusta, le altre non so». Però, per non sbagliare, The Wall oggi è la tigre per cavalcare indistintamente tutte le guerre, dall’Iraq all’Afghanistan agli attentati terroristici. In un (tragico) cocktail buttato lì un po’ alla rinfusa appaiono soldati e civili morti durante i conflitti più diversi, e nel finale c’è una didascalica foto (che fantasia!) che riunisce una bimba israeliana e una palestinese.
Il «muro» musicale resiste alla grande, quello antimilitarista scricchiola un po’ e rischia di appesantire uno dei più intensi rock show della storia. Della versione originale i Pink Floyd fecero 31 repliche; nel ’90 fu epocale la rinascita, a Berlino, per celebrare il primo anniversario dell’Europa senza barriere. Ora col suo cocktail iperpacifista Waters sta facendo centinaia di concerti incassando più di 60 milioni di dollari nei soli Stati Uniti. Scrivendo che molti preferiscono il glorioso musicista al riottoso predicatore siamo stati riempiti d’insulti (ci consigliano di ascoltare artisti più adatti alla nostra comprensione come Gigi D’Alessio, ma se vogliono sentire un vero antimilitarista doc, vadano loro a scoprire il corrosivo Country Joe McDonald di Woodstock). Ma qualcuno è d’accordo con noi se sul sito di Waters un fan ha scritto: «Volevo venire al tuo concerto ma rinuncio.

Perché devi metterci in mezzo la politica». E un altro sul nostro sito ha sparato: «Waters ha asfissiato la più grande espressione del progressive rock relegandola in quella pattumiera ideologizzata contenente tutte le tigri di carta del XX secolo».

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