Fino a un paio danni fa allenava ancora i portieri. A Palermo, non nelle retrovie del calcio. Guardi la carta didentità e dici: accidenti! Leggi: Rosario Di Vincenzo, 16-6-1941. Anni 67 e la memoria ricca di un ragazzino. Oggi fa losservatore per il Lecce. Vive a Genova, che poi è la città sua, e per quanto poco abbia giocato nellInter si sente un pluridecorato. Come dargli torto? «Ho vinto uno scudetto nel 64-65. E cero anche nel 62-63: in porta giocava Buffon, ma non andava bene. Io ero il terzo portiere. Mi provano in amichevole per farmi esordire e non mi capita una lussazione alla spalla? Giocò Ferretti. Pensi che avevo Picchi come sponsor. Di più, ho vinto due scudetti con la squadra nel campionato De Martino, una sorta di Primavera dallora. E nelle finali, in panchina, veniva sempre Helenio Herrera».
Di Vincenzo ha vissuto lepoca della Grande Inter, ma le sue apparizioni sono state solo tre: tutte in campionato. «Anche se in quellanno ho giocato moltissimo: con la squadra riserve e con la De Martino. Ho passato otto mesi senza mai poter tornare a Genova. In prima squadra cera Giuliano Sarti, il miglior portiere italiano. Io sempre in tribuna». Subì due gol in tre partite, anzi in una sola. «Esordii contro il Torino a San Siro: 0-0, ma fu favoloso. I giornali scrissero che il pari era merito mio. Un altro 0-0 con il Varese. Poi andammo a Foggia». Finì 3-2, due reti di Beppe Nocera. Una diventata icona. «Sconfitta incredibile. Siamo sul pari, Corso colpisce il palo. Contropiede loro, Nocera si beve Guarneri, e mette questa palla allincrocio dei pali. Che ancora non so! La fanno vedere sempre in Tv». Così finì lavventura allInter ma nella storia di Di Vincenzo cè, comunque, una sorta di destino avverso: sempre ad un passo dalla maglia di titolare. E sempre scivolata via dalle manone.
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