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La Russa dichiara guerra alla pirateria: "Siamo pronti a tutto per salvare i marinai"

Il ministro della Difesa: "Alle nostre navi scorta armata dei militari della San Marco. E a Gibuti una base logistica italiana. Siamo preparati a un blitz in caso d'emergenza per salvare gli ostaggi sequestrati"

La Russa dichiara guerra alla pirateria: 
"Siamo pronti a tutto per salvare i marinai"

Gli incursori della Marina sono pronti al blitz se gli ostaggi italiani dei pirati fossero in immediato pericolo di vita. Nei casi precedenti di sequestro in Libia ed in Somalia erano ad un passo dalla luce verde. E da settembre i fanti di marina del reggimento San Marco si imbarcheranno come scorta armata a bordo delle navi mercantili. Lo annuncia il ministro della Difesa Ignazio La Russa, in questa intervista esclusiva a Il Giornale.
Undici italiani sono ostaggio dei pirati in Somalia, alcuni da sei mesi. Cosa sta facendo la Difesa?
«Ci siamo assunti il compito di monitorare la situazione. Inoltre siamo pronti, nel caso si decidesse in tal senso, di lanciare un blitz. Noi, come le altre nazioni, cerchiamo però di evitare qualsiasi azione di forza, a meno che le persone sotto sequestro non siano in immediato pericolo di vita. E fino a questo momento non abbiamo segnali in tal senso».
Mai stato vicino a dare l'ordine per un blitz?
«Due volte eravamo sul punto di intervenire, ma non in questi ultimi casi. In un altro atto di pirateria che coinvolgeva degli italiani, per un mese e mezzo gli incursori della Marina (i Comsubin, n.d.a.), che si trovavano su una nave vicinissima a quella sequestrata, erano pronti a lanciare un blitz. Anche nella vicenda libica, quando hanno sequestrato il rimorchiatore italiano Asso 22, avevamo valutato concretamente la possibilità di intervenire. Poi è finito tutto bene».
I parenti degli ostaggi temono che non ci siano più navi a sorvegliare la Tortuga somala...
«Su mio ordine il cacciatorpediniere Andrea Doria arriverà domani nelle vicinanze del Savina Caylyn (una delle due navi nelle mani dei pirati, n.d.a.) per raccogliere il più possibile informazioni».
È vero che se catturiamo qualche pirata in alto mare non sappiamo cosa farcene?
«In effetti c'è un vuoto normativo a tal punto che se catturassimo dei pirati potremmo pure essere costretti a liberarli. Ci è capitato una volta di prenderne qualcuno e di consegnarli al Kenya. Portarceli in Italia non è proponibile».
È stato approvato da poco un decreto che apre le porte ai contractors civili oppure ai fanti di marina, a bordo delle navi mercantili, per respingere gli abbordaggi. Di cosa si tratta?
«La soluzione è stata prospettata dal Parlamento e l'abbiamo inserita nel decreto delle missioni all'estero. A richiesta degli armatori imbarcheremo sui mercantili dei "nuclei di protezione" del San Marco di cinque uomini per nave. Oppure l'armatore può scegliere dei vigilantes, come avviene per la banche con le guardie giurate».
Quando si partirà con le scorte armate a bordo?
«A Gibuti stiamo organizzando una base logistica transitoria che permetta il ricambio dei nuclei anti pirateria. In questi giorni ho chiesto di accelerare. Il San Marco si sta preparando e spero si possa partire già a fine agosto o a settembre».
L'esercito governativo ha appena "liberato" Mogadiscio dagli shabaab, gli estremisti islamici. Grazie anche al nostro intervento a favore delle forze di sicurezza somale?
«L'Italia partecipa con 15 uomini alla missione dell'Unione Europea, in Uganda, che prevede l'addestramento di circa 2000 soldati somali».
La Somalia è afflitta da una grave carestia che decima la popolazione, ma se ne parla poco. Manderemo i C 130 dell'aeronautica, carichi di aiuti, a Mogadiscio?
«Nelle prossime ore arriveranno in Italia da Bengasi dei nostri voli con a bordo feriti libici. Abbiamo mandato viveri ed aiuti in ogni parte del mondo, ma non tocca al ministero della Difesa deciderlo. Noi siamo il braccio che realizza l'operazione nel momento in cui ci danno il via, compreso il caso di Mogadiscio».
Esiste il pericolo che i talebani somali trasformino la nostra ex colonia in un nuovo santuario del terrorismo internazionale?
«Stiamo trascurando molto il problema, che è più preoccupante di tante altre situazioni sotto i riflettori. Povera Somalia... a volte verrebbe voglia di dire che un colonialismo illuminato sarebbe stato meglio rispetto al caos attuale, ma poi si capisce che non è politically correct e quindi, prima di scandalizzare, ritiro tutto immediatamente».
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