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«Sì ai farmaci al supermercato: costerebbero il 20% in meno»

Lettera di Federdistribuzione al premier per la liberalizzazione dei prodotti da banco. Ma Federfarma non cede: «Vanno sgonfiati i prezzi all’origine»

«Sì ai farmaci al supermercato: costerebbero il 20% in meno»

Monica Marcenaro

da Milano

Farmaci da banco con lo sconto del 20 per cento, a patto che siano venduti nei supermercati e non esclusivamente nelle farmacie. È quanto promette Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione, organizzazione che rappresenta le aziende della distribuzione moderna in Italia, in una lettera inviata al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e al ministro della Salute Francesco Storace, non più tardi di quindici giorni fa. In buona sostanza, se le farmacie non avessero l’esclusiva nella vendita dei medicinali di automedicazione il consumatore potrebbe risparmiare anche il 20 per cento sul prezzo d’acquisto. E di questi tempi sembra davvero una bella promessa. Fuorviante, però, per Giorgio Siri, presidente di Federfarma, federazione nazionale dei 15 mila titolari di farmacia, perché non sono i canali di distribuzione a dover essere messi sotto accusa, ma l’industria produttrice: «I prezzi di questi medicinali sono gonfiati all’origine - sottolinea Siri - altrimenti non si spiega come mai nel resto d’Europa costino la metà, se non un terzo». In Italia, «è decisamente più caro non solo il prodotto leader - aggiunge il presidente di Federfarma - ma anche il generico e quello equivalente. Finora, se il prezzo del farmaco di marca aumentava, succedeva lo stesso anche con gli altri».
Di un accordo tra le imprese Siri non parla, ma il pensiero corre alla recentissima vicenda del latte in polvere per neonati. Ad ogni buon conto i farmacisti non si chiudono a riccio in difesa delle loro posizioni, ma sono disposti ad aprire un tavolo di discussione: «Con le aziende produttrici per arrivare ad acquistare i prodotti da banco a un prezzo equo, rinunciando agli extra sconti - precisa Siri - con il governo per distinguere all’interno della categoria dei medicinali di automedicazione, quelli sicuri o quasi, come gli integratori, i polivitaminici e i fermenti lattici, dagli altri: i primi possono anche essere messi in libera vendita».
Oltre al risparmio sul prezzo, il pubblico potrebbe contare anche su altri vantaggi: «Il coinvolgimento di migliaia di punti vendita distribuiti in modo capillare su tutto il territorio nazionale, tra ipermercati, supermercati, grandi magazzini in aggiunta all’attuale rete di farmacie - si legge nella lettera di Cobolli Gigli - e il potenziamento del servizio con possibilità di approvvigionamenti durante tutti i giorni festivi e in fasce orarie notevolmente più ampie».
Dubbi sugli acquisti «fai da te» di aspirine e antinfiammatori? Non c’è ragione perché «la sicurezza del cittadino, che compera i medicinali da banco fuori dal canale tradizionale - evidenzia il presidente di Federdistribuzione - trova conferma nell’esperienza pluriennale di paesi, quali Gran Bretagna, Olanda, Portogallo, Irlanda, Germania, Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda, in cui non si sono mai verificati episodi compromettenti per la salute pubblica». Ma c’è di più: «La sicurezza è ulteriormente confermata dalla possibilità, che già oggi esiste, per il collaboratore di farmacia, non laureato, di vendere direttamente al consumatore, senza l’ausilio del farmacista, il prodotto da banco».

Otto italiani su dieci comprano pasticche senza chiedere consiglio a nessun camice bianco e senza dover perdere tempo in fila nell’ambulatorio del medico di famiglia. «La diffusione del concetto di automedicazione - conclude Cobolli Gigli, riportando i dati di un’indagine della Fondazione Censis - potrebbe consentire pure di portare un risparmio in termini di giornate lavorative».

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